“La Libia non può essere considerata un porto sicuro per i migranti”. A denunciarlo questa volta l’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani che ha verificato la situazione dei migranti in transito nel Paese nordafricano e che oggi denuncia “un ciclo di violenza per cui persone che avevano affrontato orrori inimmaginabili in Libia sono state lasciati alla deriva per giorni in mare; intercettati, sono stati riportati in Libia dove hanno subito detenzioni arbitrarie, torture e altre gravi violazioni dei diritti umani”. La pandemia ha peggiorato una situazione già drammatica perché “alle navi umanitarie di ricerca e soccorso è impedito di continuare il loro lavoro salvavita, così come non vi possono più accedere gruppi della società civile che aiutano i migranti”. Le informazioni nascono da una missione dell’Unhcr a Malta (21-26 settembre) e dall’ascolto di racconti drammatici di persone più volte in mare, intercettate dalla Guardia costiera libica e resa vittime di violenze di ogni genere, ma anche respinte dalle Forze armate di Malta, o non soccorse da navi commerciali o restituite in Libia. “Se vero, si tratta di gravi accuse di mancata assistenza alle persone in pericolo in mare e di possibili respingimenti coordinati che dovrebbero essere debitamente indagati”, dice la nota delle Nazioni unite.
Drammatiche le condizioni anche per chi è rimasto per mesi nei centri di detenzione a Malta. “Ciò che sta accadendo è il risultato di un sistema fallimentare di governance della migrazione, che non riesce a mettere al centro i diritti umani e per troppo tempo è stato segnato da una carenza di solidarietà costringendo Stati in prima linea a sopportare il peso maggiore della responsabilità”, ha affermato Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Il Patto dell’Ue sulla migrazione “si traduca in un approccio veramente comune e basato sui principi che assicuri il rispetto e la protezione dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati”, ha affermato.