L’ascesi medioevale non è rifiuto del mondo e condanna in blocco della vita terrena: lo confermano le poche lettere che ci sono rimaste di san Francesco d’Assisi; un santo radicato nel mondo e nella storia. Su una, in particolare, si sofferma padre Giancarlo Pani, scrittore de “La Civiltà Cattolica”. Nel quaderno in uscita sabato e anticipato al Sir, il gesuita afferma che questo documento, più di altri tramandatici, “rivela il vero volto di san Francesco”, il suo “spessore umano e religioso”, il suo “modo di essere cristiano, ma anche l’essere il capo di una fraternità, e insieme padre spirituale e amico”. Ad un frate che gli chiede di essere sollevato dal suo incarico per andare in un eremo, poiché ha gravi difficoltà, Francesco risponde: “Se ci sono persone che ti impediscono di seguire il Signore, amale. E questo è grazia ed è vera obbedienza”. Nella lettera, spiega p. Pani, “non si dà l’interpretazione di un passo della Scrittura, e nemmeno di una norma morale, ma si manifesta l’animo più intimo di Francesco” che è “radicale, ma non è rigido; è rigoroso, ma non privo di umanità e delicatezza; sa adattarsi alle persone con affetto e pazienza, perché ha capito che chi ci converte e ci aiuta a essere vicini agli altri è il Signore”. Questa lettera, annota il gesuita, “è una pagina per il nostro tempo”; è “un richiamo severo rivolto a tutti, ma insieme è un dono di misericordia che ci è promesso”. “Il Vangelo che Francesco insegna a vivere – conclude – è per noi l’appello a una fedeltà coraggiosa alla vita e la speranza in una misericordia che tutti abbraccia”.