Dt 7,6-11; 1Gv 4,7-16 ; Mt 11,25-30
All’inizio la domanda di Giovanni Battista: "Sei tu?". Ora il capitolo si chiude con la bellissima preghiera di Gesù al Padre: "Ti rendo lode" perché ai piccoli mostri quelle opere indicate ai discepoli di Giovanni come segni che è Gesù "quello che doveva venire". I ciechi tornano a vedere, gli storpi camminano, i lebbrosi guariscono, i sordi ci sentono, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la bella notizia.
Dopo il Padre, gli affaticati e gli oppressi sono i destinatari della preghiera di Gesù. Dall’intimità col Padre all’apertura chinata sui poveri, invitati a venire, prendere il giogo, imparare da Gesù. Le tre azioni da compiere, nei confronti del Signore, per trovare finalmente riposo, pace e ristoro. Dove? Nella rivelazione di un Dio che è Padre e che tutti sono fratelli. Questa è la conclusione di tutto il discorso della montagna.
Questa volta Gesù non si rivolge a interlocutori precisi, gente davanti a Lui, ma a tutti gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo, "affaticati e oppressi" che potranno trovare in Lui riposo. Una convocazione preceduta e resa possibile dalla lode e dalla benedizione al Padre. È piaciuto a Dio Padre far conoscere il Figlio e fare conoscere se stesso ai piccoli. Prima era la Sapienza che invitava a "venire a lei"; oggi è Gesù, la sapienza fatta persona, che si rivolge ai semplici, ai piccoli, perché possano conoscere il Padre e trovare riposo.
Dio è umile. Gesù, Figlio di Dio, dice di se stesso: imparate da me che sono mite e umile di cuore.
"L’umiltà del Cristo non è una metamorfosi eccezionale della gloria. Essa manifesta nel tempo che l’umiltà è al centro della gloria. La creatura cerca il suo Dio sulla linea della Potenza. L’umiltà è l’aspetto più radicale dell’amore. L’amore è povertà, dipendenza, umiltà. Non si può dire al tempo stesso Ti amo e Voglio essere indipendente da te. È commovente essere amato da qualcuno che è molto umile. Un Dio più umile di me". (Francois Varrilon, L’umiltà di Dio).
Angelo Sceppacerca