Il presidente dell’Ecuador Lenín Moreno ha posto il veto totale al Codice organico della salute, che dopo anni di discussioni era stato approvato dal Parlamento lo scorso 25 agosto. È stata così accolta la richiesta fatta dalla Conferenza episcopale ecuadoriana (che in una nota delle scorse settimane aveva chiesto per lo meno un veto parziale) e dalle associazioni familiari e pro life, che avevano raccolto 109mila firme. Le critiche principali dei vescovi erano incentrate sul fatto che la legge proponeva “l’aborto in modo ambiguo o indeterminato, classificandolo come emergenza ostetrica” e imponeva “visioni ideologiche del genere contrarie alle convinzioni etiche e alla scienza”.
Anche se il ministro della Salute, Juan Carlos Zevallos, nello spiegare il veto, ha fatto soprattutto riferimento a motivazioni tecniche e al sistema sanzionatorio verso i medici, è comunque grande la soddisfazione della Chiesa ecuadoriana. Già pochi minuti dopo che la notizia era stata resa nota, in una dichiarazione pubblica l’arcivescovo di Quito e primate dell’Ecuador, mons. Alfredo José Espinoza Mateus, ha affermato: “L’Ecuador è un Paese che continua a credere nella vita”. Ha ringraziato le autorità per essere state “sensibili al grido di un popolo, per aver detto ‘No’ a un codice di morte”. E ha concluso: “Continuiamo a costruire la vita, continuiamo a costruire la famiglia, continuiamo a credere nelle giovani generazioni che dovrebbero essere educate a principi e valori, continuiamo a scommettere sulla vita e sui veri diritti delle persone e sui valori umani”.
Il Parlamento, intanto, non potrà discutere nuovamente la materia per almeno un anno.