“La scuola è chiamata a rivedere le strategie didattiche. Il modo di apprendere delle nuove generazioni sta cambiando. Molti aspetti sono controversi ma siamo consapevoli che un cambiamento stia avvenendo. La scuola ha una responsabilità enorme affinché tutto questo sia un vantaggio”. Ne è convinta la professoressa Donatella Cesareni del Dipartimento di Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione della Sapienza Università di Roma, che così si è espressa durante il convegno di oggi della Università Pontificia Salesiana. Non è più una questione fra chi è nativo digitale e chi non lo è, secondo la docente, “ma fra la stupidità digitale, il far male a se stessi e agli altri attraverso la tecnologia, e la saggezza digitale, la capacità di usare la tecnologia per potenziare le proprie capacità sensoriali e cognitive fondamentali per collaborare con gli altri. Compito della scuola è implementare la saggezza digitale”. Ma come la scuola può adempiere a questo compito? “Le lezioni sono importanti ma non è l’unica tecnica didattica – risponde –. Dobbiamo rivolgerci a un uso attivo delle applicazioni. L’apprendimento è un processo attivo che avviene all’interno di una relazione. La tecnologia può favorire la collaborazione perché sono strumenti flessibili, sono strumenti di mediazione che supportano la collaborazione, il coordinamento del gruppo e il senso di comunità. Permettono di allargare lo spazio dialogico della comunità mettendo in comunicazione le classi, gli altri studenti o con il mondo del web”.