“Il volto di una Chiesa che nella pandemia è stata riferimento per molti, con la sua capacità di farsi vicina ai bisogni materiali e spirituali della gente”. È quanto emerge dal comunicato finale della sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente della Cei, che si è riunito a Roma, a Villa Aurelia, dal 21 al 23 settembre. “In una stagione di disorientamento e anche di distanza – è stato osservato –, questa caratteristica di prossimità della Chiesa italiana diventa ancora più significativa”. Quella individuata è una “santità della porta accanto”, “nella cura delle relazioni, nel ritrovare amore amicale per le persone, nello stile di umiltà di chi non presume di essere superiore agli altri, nell’eloquenza dei gesti che portano a curvarsi sui più deboli, nella disponibilità ad ascoltare le sofferenze e le domande profonde sul dolore, la morte, la figura stessa di Dio”.
Il comunicato del Consiglio permanente segnala, dunque, che, “vissuto in questo modo, il tempo presente diventa ricco di opportunità per un annuncio spirituale”. “E se, da una parte, va custodito e sostenuto il patrimonio della religiosità popolare, dall’altra, la situazione di scollamento di tanti battezzati spinge a impegnarsi con tutte le forze per coltivare una fede di qualità, attorno ai contenuti essenziali. Si tratta di formare discepoli del Vangelo, che sappiano essere testimoni della comunione con il Signore e della speranza cristiana nella vita eterna”.
I vescovi si sono ritrovati nella consapevolezza di vivere “un tempo di prova”. E “dalla prova la Chiesa italiana s’impegna a non prendere le distanze, a non barattarla con un improbabile rilancio, ma ad attraversarla con cuore credente”.
In vista dell’Assemblea generale, che si terrà a Roma dal 16 al 19 novembre prossimo, il Consiglio Permanente si è concentrato sulla domanda evangelica: “Sapete leggere questo tempo?”; “una domanda alla quale s’intende rispondere mettendosi in ascolto della realtà e assumendo alcuni impegni per costruire il futuro”. “Il tema rimanda alla volontà di avviare un processo di essenzializzazione, che punti a riscoprire il primato dell’evangelizzazione e a ripensare gli strumenti più adeguati per far sì che nessuno sia privato della luce e della forza della Parola del Signore”.