Gen 2,7-9; 3,1-7; Rm 5,12-19 (forma breve: Rm 5,12.17-19); Mt 4,1-11
Il Figlio rimane tale anche davanti alle tentazioni, anzi proprio perché resta Figlio può respingere e scacciare il tentatore. E figli lo siamo anche noi. Le tentazioni provate da Gesù sono quelle di Israele verso la terra promessa e sono le tentazioni per noi oggi. Israele ha passato 40 anni nel deserto, Gesù 40 giorni. Entrambi tentati, ma a differenza di Israele, Gesù esce vincitore, rimanendo fedele a Dio.
La figura di Giobbe mostra la tentazione come un momento delicato, rischioso, ma non solo negativo perché l’uomo, con tutte le sue debolezze e fragilità, non si trova solamente davanti al Nemico, ma in certo senso anche davanti a Dio. Anche per Gesù, fu lo Spirito a condurlo nel deserto. Siamo sempre nella relazione tra Padre e Figlio.
Le tre perle. Nel superamento delle tentazioni Gesù svela alcune perle splendide del suo rapporto filiale che valgono anche per noi. La prima è la povertà, essenziale nella vita secondo Dio. Il Figlio di Dio vive della Parola. Dio è il suo cibo. La povertà in spirito vuol dire essere niente e avere niente, ma anche non volere altro che la Parola nella quale è tutto. Sullo sfondo dell’Israele infedele, che nel deserto ha paura di morire di fame, Gesù afferma la sua fiducia nella Parola, dalla quale dipende la vita.
La seconda è l’umiltà. L’uomo non può tentare Dio, non può metterlo alla prova. La fede chiede abbandono totale e infinita fiducia nel Dio che ci viene incontro e che accogliamo con umile abbandono. La seconda tentazione si svolge sul cornicione del tempio, luogo dove si pensava sarebbe avvenuta la manifestazione del Messia. Gesù annuncia che non ci si può servire di Dio, strumentalizzandolo per i propri fini, allo scopo di rendere sicura la propria vita.
La terza è la beatitudine dei puri di cuore, è lo splendore del nostro rapporto in povertà e umiltà con lo Sposo, unico Signore. Tutto questo sempre a partire da quel "se sei figlio di Dio". Nel Figlio, anche noi figli. Nell’ultima tentazione, su un monte, il diavolo offre il dominio universale al prezzo di un’adorazione idolatra, che spesso Israele ha conosciuto nella sua storia.
Nella scena conclusiva Gesù è nutrito dagli angeli, ricevendo come dono di Dio e in risposta alla sua fedeltà, quel pane che aveva rifiutato di ottenere col potere messianico. Anche noi, a somiglianza del Figlio, siamo condotti in quaresima a rinnovare la scelta di fondo, Dio come unico Signore, ricordando sempre che la tentazione fa parte della nostra vita di uomini.
Negli antichi codici, c’è la storia di una fanciulla, una delle donne che avevano accompagnato Gesù fin sul Calvario. Alla notizia della Risurrezione, aveva creduto subito. E si era fatta pellegrina per annunciare le parole di Gesù. Non aveva più paura. Un giorno le si avvicinò un uomo che, impressionato dalla sua testimonianza, le chiese: "Dimmi, qual è il segreto del tuo coraggio?". "L’umiltà. Così mi ha insegnato il Maestro".
Angelo Sceppacerca