Domenica 6 febbraio

Is 58,7-10; 1Cor 2,1-5; Mt 5,13-16

“Voi siete il sale… voi siete la luce”. Dopo il Vangelo delle Beatitudini, quello del sale e della luce. Chi vive le beatitudini ne ha il sapore e lo splendore. Il sale, da sempre prezioso al punto da essere usato come moneta di scambio, preserva dalla corruzione, conserva gli alimenti e dà loro sapore. Ma è anche segno di un’amicizia per la quale si è disposti a pagare, anche un conto salato. La luce è ancora di più. Con essa inizia la creazione, la chiamata all’essere, l’uscita dal nulla. Gesù è la luce che illumina quelli che abitano nelle tenebre della morte ed è il sale che ha saldato ogni debito.

La parabola trasporta le qualità del sale e della luce nei discepoli che vivono le beatitudini. In esse i cristiani trovano il senso (il “sapore”) della loro esistenza e per questo sono il sale della terra. Senza il sapore di Cristo, non serviamo a nulla. Sulla scena del mondo, invece, hanno valore il potere e l’apparire, l’avere e il godere. La luce di Cristo, riflessa sul volto e nella vita dei discepoli, smaschera l’inganno e mostra il vero luogo della bellezza: la città posta sul monte. È la comunità dei discepoli, la città santa, la sposa adorna per il suo sposo, la colomba che abita nelle fenditure della roccia.

Gli uomini e le donne delle beatitudini, i discepoli del Signore, non solo sanno dov’è la città abitata dalla speranza e dalla fraternità, ma la costruiscono essi stessi, dando sapore e luce alla vita di ogni giorno, mescolati fra gli uomini e le donne di questo mondo. I discepoli sanno anche che la loro lampada va messa sul lucerniere, lo stesso di Gesù: la croce.

Gesù non esorta, ma afferma. Ci dice il segreto della vita che ci ha donato e che fa di noi il sale della terra e la luce del mondo, nonostante tutto il limite del nostro cuore. Un prete, col sapore di Gesù, diceva: “Si può parlare della luce senza che niente si illumini, del fuoco senza che niente si riscaldi, del lievito senza che niente venga fermentato, del sale senza che niente acquisti sapore. Se invece siamo luce, fuoco, lievito e sale, rendiamo testimonianza poiché per farne l’esperienza gli altri devono entrare in comunione con noi e trovandoci in comunione con Dio lo conoscono sperimentalmente”.

Angelo Sceppacerca