Sir 3, 3-7.14-17a; Col 3,12-21; Mt 2,13-15.19-23
Altra è la ricerca dei Magi guidati dalla stella della Parola, altra è la "caccia" di Erode al bambino per ucciderlo. La prima era per trovare e diffondere luce, la seconda per portare distruzione e morte. Come in Egitto, la notte della liberazione dal faraone, l’angelo del Signore parla di notte con Giuseppe e consiglia la fuga. Giuseppe è obbediente, ascolta e mette in pratica la Parola del Signore: parte subito, nella notte, senza indugiare.
Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio. Bellissimo quel nome "mio figlio" con cui Dio chiama sia il popolo che Gesù. Dall’Egitto torna una famiglia, protetta e guidata da Dio: è il compimento del primo viaggio di "entrata" nella terra promessa e del ritorno dall’esilio di Babilonia. Appena tornata la piccola famiglia si ritira a Nàzaret. Giuseppe obbedisce ancora alla voce dell’angelo, strumento della volontà di Dio. Uomo forte e deciso, Giuseppe vive il suo rapporto con il Signore in modo umile e intimo, su un percorso segnato dai "sogni" e dalle voci degli angeli, necessari per vincere ogni paura. Chi non ne avrebbe avuta in quelle circostanze?
Nàzaret è la casa di Maria, di Giuseppe e del Bambino. Giustamente il Natale concentra l’attenzione sulla figura di Gesù, figlio di Dio incarnato e nostro fratello. Ma dobbiamo cogliere un altro aspetto di questa storia straordinaria: Cristo è diventato uomo attraverso una normale esperienza di famiglia, la prima e fondamentale cellula di aggregazione, la più "naturale" tra tutte le istituzioni umane. L’uomo non è mai solo, è inserito in una rete di rapporti, il primo dei quali è la famiglia, "segno" dell’amore di Dio e strumento di salvezza.
Nàzaret è ancora di più: modello ed esempio di famiglia costituita e trasformata dall’amore di Dio, ma in umiltà e silenzio. È una famiglia in pericolo, minacciata da un’aggressione terribile; deve prendere la via dell’esilio, con tutte le sue amarezze e privazioni. Né privo di fatica e di rischi è il ritorno: un dramma familiare che anticipa la "via crucis" di quel fanciullo salvato solamente dall’amore dei genitori. Anche oggi, solo da un amore capace di donarsi, soprattutto per il bene dei figli, può nascere una vera e stabile famiglia. È l’amore che regge tutto, quando resta aperto a Dio, che è l’amore. Dove c’è Dio c’è anche la capacità di amarsi. Siano famiglie come quella di Nàzaret a parlare ai giovani che si aprono, ai fidanzati che si preparano, a tutte le famiglie.
Angelo Sceppacerca