Nell’andamento tendenziale, il numero di occupati scende di 841 mila unità (-3,6% in un anno): calano soprattutto i dipendenti a termine (-677 mila, -21,6%) e continuano a diminuire gli indipendenti (-219 mila, -4,1%) a fronte di un lieve aumento dei dipendenti a tempo indeterminato. Il calo occupazionale interessa sia gli occupati a tempo pieno sia quelli a tempo parziale, per i quali nel 63,9% dei casi il part time è involontario. Diminuiscono, inoltre, gli occupati che hanno lavorato per almeno 36 ore a settimana (50,6%, -13,8 punti), a seguito delle assenze dal lavoro e della riduzione dell’orario dovute all’emergenza sanitaria. Lo rileva oggi l’Istat, diffondendo i dati su “Il mercato del lavoro” relativi al II trimestre 2020.
Stando ai dati diffusi, nel confronto annuo, prosegue con maggiore intensità la riduzione del numero di persone in cerca di occupazione (-647mila in un anno, -25,4%). Si accentua, inoltre, l’aumento del numero di inattivi di 15-64 anni (1 milione 310mila in più in un anno, +10,0%), già osservato nel trimestre precedente.
Il tasso di disoccupazione scende al 7,7% (-2,0 punti rispetto ad un anno fa); la diminuzione riguarda entrambe le componenti di genere ed è più accentuato tra i giovani di 15-34 anni, nel Mezzogiorno e nel Centro. I disoccupati si attestano a 1 milione 897mila unità (-647mila in un anno, -25,4%). Il calo coinvolge sia gli individui in cerca di prima occupazione sia chi ha precedenti esperienze di lavoro.
Secondo l’Istat, “i dati di flusso, a distanza di un anno, mostrano tra i disoccupati una diminuzione della permanenza nello stato di disoccupazione (-10,8 punti) e delle transizioni verso l’occupazione (-2,7 punti) mentre aumentano di quelle verso l’inattività (+13,5 punti)”.
“L’emergenza sanitaria – viene spiegato – ha condizionato fortemente la ricerca attiva di un lavoro: dai dati di flusso aumentano soprattutto le transizioni della disoccupazione verso le forze di lavoro potenziali (+12,4 punti; +1,1 punti verso i non cercano e non disponibili); dall’occupazione sono maggiori le transizioni verso l’inattività (+2,3 punti) rispetto a quelle verso la disoccupazione (+0,2 punti)”.