A Lampedusa, complice il mare calmo, c’è tensione per l’affollamento dell’hot spot dovuto ad un maxi-sbarco, sabato notte, di un peschereccio proveniente dalla Libia con 370 migranti del Bangladesh e del Senegal. Una trentina di barchini sono arrivati dalla Tunisia venerdì scorso. Il centro di Contrada Imbriacola, che può contenere solo duecento persone, ne ha ora circa 1.200 ammassati in condizioni disumane, con persone che dormono in terra, senza servizi igienici a sufficienza. 307 sono state trasferite nelle ultime ore. Anche stavolta la parrocchia di San Gerlando ha messo a disposizione, per l’emergenza, la Casa della fraternità, per dare almeno un tetto ai più vulnerabili, tra cui donne incinte e bambini. Il Viminale ha annunciato di aver avviato le procedure per far arrivare altre tre navi quarantena, che si aggiungeranno alle due già al largo di Lampedusa. In queste ore al Comune di Lampedusa è in corso una riunione con alcuni imprenditori dell’isola,per decidere come organizzare lo sciopero minacciato dal sindaco Totò Martello. Un piccolo gruppo di manifestanti leghisti sta protestando esponendo cartelli con le scritte “Stop immigrati”, “Governo criminale”. Don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa, è sempre in prima linea nell’azione umanitaria. Oltre a dare la disponibilità dei locali parrocchiali, nei giorni scorsi ha officiato una piccola preghiera per il migrante morto, della Guinea Bissau, recuperato dall’imbarcazione “Louise Michel”, finanziata dal famoso street artist Bansky per effettuare salvataggi.
#Blacklivesmatter. Sui social don Carmelo ha postato la scritta #Blacklivesmatter: sullo sfondo il cimitero di Lampedusa e la camera mortuaria dove è ancora il corpo del giovane migrante senza nome.
“Se lo slogan vale per l’America dovrebbe valere per tutti, anche in Europa
– afferma al Sir -. Ogni vita ha valore”.
Hot spot troppo affollato. “La situazione reale nell’isola non è come nel 2011 perché le persone sono nell’hotspot e nella Casa della fraternità, non ci sono migranti che invadono l’isola come viene detto – precisa il parroco -. Certo tutte queste persone sono in grave disagio, dormono a terra, sotto gli alberi, non ci sono servizi igienici per tutti, e questo è disumano”. La parrocchia ha offerto la Casa della fraternità “ma è sempre complicato gestire tutto quando i numeri sono così alti”.
La richiesta al governo. “La nostra richiesta al governo – afferma don La Magra – è che non vengano trattenute così tante persone a Lampedusa. La permanenza nell’hot spot non è rispettosa dei diritti degli esseri umani, perché non ci sono gli spazi e i servizi necessari”. E a proposito della presenza delle navi delle Ong precisa: “Se non si vogliono altri a soccorrere in mare lo facciano le navi militari, per portarli subito in altri luoghi. Magari Lampedusa può essere usata solo per i soccorsi più urgenti”.
Sulle navi quarantena. Don La Magra pensa onestamente che le navi quarantena “siano inutili, anche perché si riempiono subito. Rimangono bloccate 14 giorni con persone già visitate e che hanno fatto il tampone. E se ci fosse improvvisamente un positivo sarebbe anche peggio. Sarebbe meglio alleggerire la pressione sull’isola portando le persona sulla terraferma, perché non possono stare ammassati nel centro in quelle condizioni”. Le navi, prosegue, “sarebbero più utili se facessero la spola tra Porto Empedocle e Lampedusa. Anche perché non sono numeri ingestibili se trasferiti in altri posti”.
La nave di Bansky: “Un segno”. Il parroco di Lampedusa apprezza l’iniziativa dell’artista Bansky, che ha finanziato di tasca propria una missione di salvataggio: “Dovrebbero seguirla in tanti. Continuiamo ad assistere a tragedie perché non ci sono vie legali e non ci sono salvataggi in mare. Rappresenta un segno, perché una sola barca non risolve ma ci dice che è possibile farlo”.
Le Ong di nuovo in mare. Nel frattempo anche le Ong Sea Watch e Open arms hanno ripreso il mare. “Si è vero, c’è fermento ma speriamo non vengano considerate un ostacolo come in passato”, commenta. “Il governo sembra sempre preoccupato per le Ong – osserva – allora
potrebbe mettere a disposizione le navi militari per i soccorsi. Non ci interessa chi lo fa, purché qualcuno lo faccia,
come nel 2013 quando c’era la missione Mare nostrum”.