“Il virus, che ancora oggi sta contagiando il mondo, ci ha fatto scoprire chi siamo davvero donne e uomini fragili, poco preparati ad affrontare le avversità, a rispondere adeguatamente e in tempi brevi alle catastrofi, anche se molto avanzati nella conoscenza scientifica. Più volte in questi mesi siamo stati tutti richiamati al senso di responsabilità che dovrebbe essere patrimonio di ogni persona”. Lo ha ricordato, ieri sera, mons. Michele Seccia, arcivescovo di Lecce, nel messaggio alla città, in occasione della solennità dei santi patroni Oronzo, Giusto e Fortunato. Il presule rivolge un appello ai giovani: “Ragazzi miei, non vi chiedo di rinunciare al divertimento. Vi invito invece a divertirvi senza rischiare, senza essere un pericolo per voi stessi e per i vostri amici. Siate fecondi collaboratori di un dialogo che va oltre il rispetto delle norme e oltre ogni sterile moralismo. Io stesso sono il primo ad accettare le critiche ma vorrei anche essere il primo a ricordarvi da padre che nessuno di noi oggi è fuori pericolo. Le immagini delle bare sui carri militari, le storie dei medici, degli operatori sanitari e dei sacerdoti che ci hanno lasciato nei mesi scorsi, solo perché ‘colpevoli’ di aver fatto il proprio dovere, appartengono ad una triste parentesi della nostra vita a cui manca la parola fine. Perché dobbiamo continuare a scrivere racconti di dolore, di paura, di morte?”.
Un richiamo anche ad adulti, laici e consacrati, a “recuperare credibilità e verità”. “Siamo davvero pronti ad educare i nostri ragazzi ai valori della libertà e della corresponsabilità?”, si chiede l’arcivescovo, che non nasconde la sua “preoccupazione”: “Non abbiamo molti alleati: le famiglie spesso in crisi o disgregate – anche a causa di condizioni sociali disastrose – non hanno né il tempo, né la forza di educare ai valori. Per non parlare della politica che diventa ogni giorno di più un vuoto contenitore di slogan. Mi sembra, a volte, che siano in aumento sempre di più i seminatori della divisione e che, invece, diminuiscano i ‘contadini’ bravi a rassodare il terreno delle coscienze. E anche le nostre comunità cristiane hanno perduto l’appeal necessario per attirare i giovani alla vita buona del Vangelo. Di questo come Chiesa di Lecce, preti e laici, dovremmo assumerci tutte le responsabilità del caso e provare ad invertire la rotta”.
Mons. Seccia riflette: “Se la pandemia non è servita a farci cambiare prospettiva, insegnandoci l’essenzialità della vita, sarà stata un’esperienza inutile, un tempo semplicemente da cancellare. Invece no, anche la pandemia potrà diventare provvidenza se saremo capaci, una volta per tutte, di cogliere i segni dei tempi per diventare migliori. Quando sarà passata, oltre a rimanere nella nostra memoria come un brutto ricordo, sarebbe utile che restasse pure come un’esperienza di conversione dell’uomo e del credente che è in noi”.