Ru486. Casini (Mpv): “Tenere sveglia la coscienza sul fatto che il concepito non è un grumo di cellule ma uno di noi”

“È la cancellazione del figlio concepito che unisce l’anima radicale presente nella legge 194 e le nuove linee di indirizzo sulla Ru486”. Non usa giri di parole la presidente del Movimento per la vita italiano che mette in guardia, nella doverosa dissuasione dall'uso della pillola abortiva, dal rischio di “irrobustire”, attraverso il rifiuto dell’aborto farmacologico, l’accettazione della legge 194 che rimane “integralmente iniqua”

“L’uomo è sempre uomo fin dal concepimento, tutti gli esseri umani sono uguali, il concepito” non è un “prodotto del concepimento” né un “grumo di cellule”, ma “un figlio, uno di noi”. E’ il punto fondamentale su cui “dobbiamo cercare di tenere sveglia la coscienza individuale e collettiva”, sostiene con decisione Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la vita italiano. In una nota dedicata al rapporto fra la legge 194 e le linee di indirizzo del ministero della Salute del 12 agosto – che hanno eliminato la necessità del ricovero per la donna che assume la Ru486, hanno previsto l’assunzione della “pillola abortiva” e degli atti seguenti anche nei consultori, e hanno esteso la possibilità di ricorrervi fino alla nona settimana di gestazione – la presidente del Mpv avverte che, nel dissuadere dall’uso della Ru486, “bisogna evitare il pericolo di irrobustire – attraverso il rifiuto dell’aborto farmacologico – l’accettazione della legge 194” che “resta iniqua integralmente”, ossia “in ogni sua parte”, e non contiene “parti buone” ma solo parti “più o meno cattive”.

Tre i filoni ideologici ravvisati da Casini Bandini nella 194: “radicale, collettivizzante, umanitario”. Il primo, spiega, “cancella il concepito come essere umano e ritiene l’aborto una questione di esclusiva autodeterminazione femminile. Il bene protetto è la libertà individuale”. Il secondo profilo “è indifferente e agnostico rispetto al concepito e ritiene l’aborto una questione sanitaria. Il bene protetto è la salute della donna”. Infine, il profilo “umanitario” ritiene che “l’aborto sia un trauma per evitare il quale il sistema socio sanitario prende in carico la condizione e le difficoltà della gestante offrendole aiuti e alternative attraverso il colloquio e una pausa di riflessione, ma se ciò nonostante la donna non recede dall’inclinazione abortiva, in cambio della sua apertura è lo stesso Stato che le offre l’’intervento’. Il bene protetto è la vita, ma in termini generici”. Nessuno di questi filoni ideologici “tutela la vita umana prima della nascita e la maternità durante la gravidanza. Il primo cancella il figlio, il secondo lo ignora, il terzo affronta il tema della vita nascente in chiave pseudo-assistenziale”; così “lui, il concreto e reale figlio unico e irripetibile a rischio di morte è, insieme ad una reale tutela della maternità, fuori dall’orizzonte della 194”. Significativo che vanga omessa, ad esempio, la precisazione sulla vita “dal concepimento”; né si parla mai di “diritto alla vita”, bensì, riduttivamente, di “tutela della vita”. La legge, inoltre, non prevede “modalità di verifica e controllo di quanto fatto per evitare l’aborto”.
Per questo Casini Bandini ribadisce il concetto di legge “integralmente iniqua” alla quale, sostiene, “non sono estranee” le nuove linee di indirizzo che anzi “rappresentano lo sviluppo esplicito della mentalità radicale ivi contenuta”. E scandisce:

“È la cancellazione del figlio concepito che unisce l’anima radicale presente nella legge 194 e le linee di indirizzo”.

Ecco perché “se da un lato dobbiamo contrastare la Ru486 anche appellandoci a disposizioni comunque presenti nella legge 194, non dobbiamo limitarci a chiedere di stare nei ranghi della 194. La mentalità abortista si basa sostanzialmente sul rifiuto dello sguardo sul concepito ed è invece a questo sguardo che il Mpv ha il compito di portare tutta la società collaborando con tutti coloro che vogliono andare nella stessa direzione”.

Il concepito, ribadisce la presidente, è “uno di noi”,

ed è “fondamentale liberare la donna dai condizionamenti che la inducono all’aborto e far emergere la profonda alleanza tra la donna e la vita nascente”.
In questa prospettiva “diventa sempre più urgente sollecitare i presidenti delle Regioni a che sia rispettato il ruolo dei consultori familiari affinché siano posti chiaramente, unicamente e inequivocabilmente a servizio della vita nascente e della maternità”.E i Cav (Centri di aiuto alla vita), “grazie alla loro più che quarantennale esperienza, possono essere un modello per il funzionamento dei consultori a servizio della vita nascente e della maternità”.
Casini Bandini sottolinea che la “forzatura” sui consultori è “frutto esasperato di quella cultura radicale che già nella 194 ha reso ambiguo il servizio dei consultori a favore della vita”; eppure, assicura, “per quanto toccati dalla logica abortista i consultori sono pensati nella stessa legge come luoghi dove l’aborto non si fa”. Anzi, secondo la legge istitutiva dei consultori richiamata dalla legge 194, essi hanno il compito di tutelare “la salute della donna e del prodotto del concepimento”.
Di qui il monito conclusivo della presidente Mpv: “Dobbiamo cercare di tenere sveglia la coscienza individuale e collettiva sull’unica vera grossa questione posta dai molteplici comportamenti che colpiscono gli esseri umani nel momento in cui, piccolissimi, entrano nel tempo e nello spazio: l’uomo è sempre uomo fin dal concepimento, tutti gli esseri umani sono uguali, il concepito” non è un “prodotto del concepimento” né un “grumo di cellule”, ma “un figlio, uno di noi”.

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