“È per me terrificante” la sorte “del piccolo Evan (21 mesi) di Rosolini (provincia di Siracusa, ma diocesi di Noto, ndr), morto per maltrattamenti e percosse. Una situazione scioccante, hanno detto i medici che lo hanno soccorso. Mentre scrivo sono in stato di fermo la madre e il convivente per i reati di maltrattamenti e concorso in omicidio. L’ipotesi: ucciso di botte perché piangeva. Ma non era la prima volta che il piccolo subiva maltrattamenti, a quanto pare: in tanti sapevano, in tanti tacevano. Meglio il silenzio, lo stesso che, in molte situazioni simili, alimenta la connivenza dei violenti. Signore, ti prego, ascolta il grido di dolore dei tuoi piccoli figli”. È con queste parole che don Fortunato Di Noto, il sacerdote fondatore e presidente dell’Associazione Meter onlus (www.associazionemeter.org), commenta il caso di Evan Lo Piccolo, il bambino deceduto a Rosolini in circostanze ancora da chiarire e per il quale è stato disposto il fermo della madre e del convivente.
“Il pianto è, spesso, l’unica voce dei bambini per esprimere il disagio, la sofferenza, il grido di dolore, il rifiuto, l’angoscia, la paura – osserva don Di Noto -. Insopportabile è il pianto: esso ha la forza non solo di intenerire, di capire come attivare consolazione e tenerezza, ma anche la forza prorompente dell’eccitazione violenta: sopprimere, anziché compassionevolmente accogliere”. Solo che, avverte il sacerdote, “se non si è educati alla compassione e alla tenerezza. Pugni, calci, schiaffi… E il rossore dei lividi accompagnano le fragilità umane mai sanate, curate, guarite”.
Il fondatore di Meter denuncia: “Ancora una volta un ‘bambinicidio’, termine che vogliamo utilizzare per indicare questa strage perpetrata spesso nel silenzio su centinaia tra bambini e neonati uccisi dagli adulti, spesso padri e madri. Violenza inaudita spesso nel contesto di una fragilità umana e sociale già esistente che non è stata sanata: anzi, la stessa fragilità diventa ulteriore frantumazione generando violenza e non contenimento delle frustrazioni”. Quindi, “è terrificante la situazione che ci richiama, ancora una volta, alla condizione di tanti bambini vittime di violenza, maltrattamento e indifferenza”.
Don Fortunato punta il dito sulla “rete di amicizia e di parentela”, incapace “di segnalare i disagi, dal momento che per loro, per la loro logica, questa è qualcosa che non interessa. Sono fatti privati che diventano pubblici quando c’è solo” da manifestare “un’indignazione sociale per il fatto di cronaca”. Il sacerdote da sempre in prima fila per la difesa dei piccoli e deboli si chiede: “Quali servizi alla persona sono mancati, quali i percorsi per la fragilità umana (che può essere ricchezza se aiutata a guarire e a trovare la forza per andare avanti)? Qual è l’interesse per i piccoli che assistono alle scelte sbagliate degli adulti e piangono? Domande senza risposta”. “Anche Gesù pianse e piango anch’io, anche noi vogliamo piangere e gridare. Non è solo un modo di dire, ma un sentire nella carne, nella profondità dell’anima”, aggiunge don Di Noto che conclude: “Che il Cielo accolga questo bambino e tutti i bambini uccisi dalle loro madri e padri. Possano continuare a giocare con gli altri bambini, incontrare Gesù Bambino e mano nella mano continuare a camminare e a richiamare questa umanità a vivere da umani e non da disumani”.