Is 62,1-5; 1Cor 12,4-11; Gv 2,1-12
Dietro il segno del pranzo solenne della festa c’è il cantico dell’amore: “Sono venuto nel mio giardino, sorella mia, mia sposa… bevo il mio vino e il mio latte. Mangiate, amici, bevete; inebriatevi d’amore”.
I momenti più belli, così crediamo, sono quelli all’inizio: il giorno più bello di un matrimonio quello delle nozze; poi vengono le preoccupazioni, le delusioni e a volte è persino difficile resistere. Anche a Cana il vino dell’inizio finisce e la festa sta per essere compromessa. Gesù interviene con un segno, anzi l’inizio dei segni, e annuncia un vino nuovo, oltre ogni speranza. Cana dice l’intenzione di Dio per l’uomo: l’amore. Gesù rimanda alla sua ora, quando farà la trasformazione più radicale, versando il suo sangue come vino delle nozze. Gesù giungerà all’estremo dell’amore accettando l’estrema violenza di quella morte, trasformandola in un amore fedele e definitivo tra gli uomini e Dio.
A Cana, Maria si presenta come serva, che convince Gesù e sollecita i servi a compiere qualsiasi cosa egli avesse detto. Maria provoca il ritorno della gioia. Questo è cristianesimo. Col segno del vino ora è Gesù al centro del banchetto, perché svela il volto dello sposo finora rimasto anonimo. Il credente è l’amico dello sposo che cerca in ogni modo di favorire l’incontro tra Gesù e l’uomo perché Lui possa riempire ogni giara disponibile, saldare ogni gioia spezzata, restituire ogni speranza compromessa.
La nostra mancanza di tutto riceve risposta da Dio in Gesù e supera ogni attesa: il vino è sovrabbondante (600 litri di qualità eccellente, molto superiore a quello di prima) e ogni giorno a disposizione; se ne potrà attingere sempre, perché la festa, la gioia e la speranza si versano in grembo ogni volta che si fa ciò che lui ci dice.
Le nozze di Cana sono il primo segno operato da Gesù e sono simbolo del destino del popolo. Non si conosce il rapporto che lega Gesù e sua madre agli sposi. Maria è la prima e la sola che si accorge della mancanza del vino e chiede ai servi di mettersi a disposizione di Gesù, dopo aver avvertito il Figlio dell’inconveniente.
Per gli ebrei tutti gli alimenti (grano, olio, vino) erano considerati doni di Dio ed avevano un significato teologico. Gli ebrei erano abituati ad interpretare qualsiasi avvenimento come l’espressione di una volontà divina. Non era superstizione, ma rapporto costante con Jahvè, consuetudine delle persone umili e semplici, garanzia di sicurezza e serenità.
Il significato associato al vino era quello della Sapienza divina. Sapiente per l’ebreo non è l’erudito ma colui che medita la Legge giorno e notte. La Sapienza è come il vino buono donato gratuitamente da Jahvè agli uomini attraverso il loro lavoro nei campi. Chi ha del vino da offrire è detentore della Sapienza. Nell’insegnamento in sinagoga la Toràh veniva indicata come “vino squisito” che Dio ha tenuto in serbo fin dalla creazione. E il Messìa come colui che “inviato” da Dio ha “vino squisito” da offrire gratuitamente a tutti.
Gesù è maestro della Toràh e viene a mancare il vino alle nozze. Maria comprende immediatamente che questa situazione potrebbe portare discredito sull’opera di Gesù e si affretta a comunicare l’inconveniente al Figlio. Gesù, attraverso l’enigmatico rifiuto alla madre, sembra voler dire che soltanto nell’ora della Croce darà una risposta. Maria accetta e rivolge ai servi l’invito ad ubbidire a Gesù. Lui, però, anticipa il segno della croce: trasforma l’acqua in vino sovrabbondante.
Il miracolo di Cana è un “mistero di luce” e Gesù apre alla fede il cuore dei discepoli grazie a Maria, la prima dei credenti. La festa nuziale della Nuova Alleanza è Gesù che porta il nuovo e il meglio, in misura abbondante. È Lui il vero sposo che offre i beni messianici, che si dona per amore sulla croce.
Anche Maria svolge un ruolo decisivo. Tutto si compie alla sua presenza e dopo il suo intervento. Maria sarà presente anche nell’ora del Calvario, in modo partecipe e attivo. Lei è “la madre di Gesù”. Come vera credente, invita i servi e noi ad essere e fare come il popolo fedele di Israele al Sinai: “Quanto il Signore ha detto noi lo faremo”.
“Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Sono le ultime parole di Maria riportate nei Vangeli. Il suo commiato: ascoltate le parole di Gesù e vivetele insieme. Le pronuncia colei che è la parola di Gesù perfettamente vissuta. Immagine splendida anche per la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio). Gesù rimane l’unico tesoro al quale tutti i cristiani, pur ancora divisi tra loro, attaccano il proprio cuore. Il rapporto con Lui nel quale tutti cattolici, anglicani, protestanti, ortodossi cerchiamo di crescere, genera la pace, che ci avvicina reciprocamente. E ciò che ci avvicina è più grande di quanto ancora ci allontana.
Angelo Sceppacerca