Epifania del Signore

Is 60,1-6; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12

I Magi presentati dal Vangelo dell’Epifania (manifestazione) nella tradizione popolare sono diventati “re” su suggerimento di Isaia 60 e del Salmo 72. Il loro numero è diventato “tre” a causa dei doni che offrirono. Rappresentano anche i tre figli di Noè, ossia tutta l’umanità. Oggi le loro reliquie si trovano a Köln in Germania, frutto del bottino che il Barbarossa sottrasse a Milano nel 1164.
I Magi, questi personaggi che arrivano all’improvviso nella scena natalizia, dall’Oriente a Gerusalemme, dietro il segno di una stella (una profezia?), e che la tradizione popolare ha conservato gelosamente tra i personaggi del presepe: chi erano? Chi sono? Uomini in cammino, decisi a ricercare, desiderosi di un incontro con la speranza. I Magi hanno solo pochi segni a disposizione: gli astri, una stella, parole oscure di profeti che indicano Betlemme come il luogo e che un bambino sarà Re. I Magi “sapevano e non sapevano”, come dice il poeta Mario Luzi, procedono verso “l’avvenire o l’avvenuto?”. Non vanno incontro a un futuro nebuloso e carico di incognite, neppure ricercano un passato estraniato e consolatorio. Hanno solo una domanda, vera e autentica come quella che ogni uomo porta con sé: dov’è il Re che è nato? Dov’è la salvezza, la speranza? E la cercano, con fatica e perseveranza, portando ad essa in dono l’oro della regalità e della signoria, l’incenso della lode e dell’adorazione, la mirra della consolazione di fronte al dolore del mondo. E trovano il Re: un bambino e, accanto, la Madre.

Trovare il vero Re, il Dio-con-noi, l’Emmanuele, è il desiderio di ogni uomo. È la domanda più profonda nel cuore di ognuno, perché è la ricerca del senso, della salvezza, della guarigione, della liberazione, del perdono. Trovarlo è gioia e la gioia del cuore indica con precisione “dove” lui si trova. Trovarsi… La prima parola di Dio rivolta ad Adamo è: “Dove sei?” perché anche l’uomo chiedesse a sua volta a Dio: “Dove sei?”. E i due si potessero incontrare. Se le parole non osano troppo vorrei dire che non solo Dio è il dove dell’uomo, ma che anche l’uomo è il dove di Dio.
I Magi, partiti dall’Oriente lontano, sono giunti davanti al Bambino. Dopo il lungo viaggio, sotto la guida della stella, e l’infaticabile ricerca mai interrotta nonostante i depistaggi e le false tracce, sono finalmente alla vista del Salvatore dinanzi al quale si prostrano in adorazione. Quello che hanno trovato, di per sé, non ha nulla di straordinario: una casa, un bambino, una madre. Straordinario, casomai, è stato il cammino che li ha condotti fin lì, sotto un segno del cielo – la stella – interpretato anche grazie alla sapienza nascosta nella cultura e nella tradizione spirituale di cui sono ricchi tutti i popoli della terra. Così il cammino dei Magi è figura delle tappe che tutti i popoli e gli individui di ogni tempo devono percorrere nel loro andare incontro al Salvatore del mondo. Prima di assaporare la gioia dell’incontro con Cristo, prima di adorarlo e di offrirgli il meglio di una vita – se non la vita stessa – occorre cercare, chiedere, seguire i segni di Dio che sono anche i segni dei tempi.

La meta è certa perché non è solo davanti, ma ci precede da sempre. “Non mi cerchereste se non mi avreste già trovato”, dice il Signore per bocca di Agostino, “e non mi trovereste se non mi facessi già trovare”.
L’epifania è la manifestazione della gloria di Dio, della sapienza nascosta nei secoli, che per non abbacinarci si rivela nella piccolezza di un bambino in braccio alla madre. Dio si è fatto piccolo, uomo nella carne, perché ogni uomo e ogni carne, anche la più “piccola” e “debole”, possano contenere il mistero della grazia che è vita divina.
Erode, personaggio inquietante, era già “vicino”, ma non “prossimo” al Bambino. Aveva le Scritture già chiare al punto di indicare la giusta via ai Magi, ma non seppe trovarla a sua volta. Altri desideri gli inquinavano la coscienza: il potere, il successo, la ricchezza. E nessuna stella, nessuna luce potevano rischiarargli l’anima. Oggi, anche noi cristiani, siamo oltremodo vicini alla manifestazione di Dio. Due millenni di cristianesimo sono alle nostre spalle. Ma la fede è sempre cammino e responsabilità personale, oltre che dono di Dio. E anche per noi, a volte, è possibile che quelli “venuti da lontano” giungano prima di noi.

Angelo Sceppacerca