“Sospendere, e dunque non rifiutare, la ratifica del rinnovo del Ccnl per i nostri dipendenti è stato un atto di responsabilità sia nei confronti dei lavoratori – anche se per loro sarà difficile ammetterlo – sia per le nostre strutture al collasso”. Così padre Virginio Bebber, presidente nazionale Aris, spiega il rinvio della ratifica del pre-accordo per il rinnovo del contratto di lavoro, raggiunto dopo anni di confronto, poco prima dell’estate. “La nostra disponibilità, come Aris, a chiudere l’accordo – conferma il presidente – era ed è piena da quando abbiamo concordato con Governo e regioni l’imprescindibile loro partecipazione al finanziamento in parte del rinnovo”. Il presidente “capisce e comprende la rabbia, tramutata a volte in affermazioni inesatte da parte di chi giustamente protesta”. “Capisco e comprendo un po’ meno chi non si rende conto che le spese sostenute nell’emergenza Covid-19, non ancora rientrate, e la mancanza di introiti dovuti alla sospensione imposta per le normali attività di ricovero e ambulatoriali, per un così lungo periodo, hanno messo in ginocchio le nostre strutture sanitarie”.
L’Aris denuncia una “situazione pre-fallimentare” in cui versa “la stragrande maggioranza delle nostre associate”, che “rende imprescindibile che le promesse di Governo e Regioni si risolvano in provvedimenti concreti” per rendere sostenibile e possibile il rinnovo “senza minare la sopravvivenza stessa delle strutture e di quanti ci lavorano”. “Per sottoscrivere il contratto nazionale occorre dare un minimo di tempo alle Regioni per dare corpo ai dovuti provvedimenti di aiuto – conclude Bebber -. Le strutture Aris sono pronte sin da subito a intervenire col proprio 50% di spettanza nonostante le difficoltà. Quello che è pendente e che impedisce la sottoscrizione resta il 50% di spettanza pubblica”.