Il pastore Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), e Paolo Naso, coordinatore di “Mediterranean Hope – Programma Rifugiati e migranti” della Fcei, hanno inviato ieri una lettera al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, e al viceministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Emanuela, Claudia Del Re. Entrambe, infatti, si sono pubblicamente esposte negli scorsi giorni per chiedere corridoi umanitari europei.
“Una richiesta giusta e autorevole che appoggiamo con forza – dichiara Negro -. Riteniamo sempre più urgente, visto quanto sta accadendo nel Mediterraneo, in Libia e in Tunisia in particolare, accelerare l’avvio di questo progetto. Noi siamo pronti a fare la nostra parte”.
“Come è noto – si legge poi nella lettera inviata a Lamorgese e Del Re – la Fcei, insieme alla Comunità di Sant’Egidio e alla Tavola valdese, ha promosso i primi corridoi umanitari, nel quadro di un protocollo sottoscritto dai ministeri degli Interni e degli Esteri nel 2015, rinnovato nel 2017 e, speriamo a breve, ulteriormente confermato per il prossimo biennio. Questa best practice ha avuto importanti riconoscimenti internazionali, non ultimo il premio Nansen da parte dell’Unhcr, ed è stata ripresa da altri paesi quali Francia, Belgio, Andorra e, in una forma più aderente all’ordinamento tedesco, in Vestfalia”.
Dato “l’indubbio successo del modello – che garantisce non solo arrivi selezionati, sicuri e legali ma anche un preciso programma di integrazione – in occasione di un convegno da noi organizzato nella sede del Parlamento europeo il 10 dicembre scorso, abbiamo presentato una proposta formale: si tratta di un testo avanzato, che ha già raccolto positivi consensi anche da parte di parlamentari europei di diverso orientamento politico e di alcuni funzionari della Commissione”.
Ora, di fronte ad una situazione sempre più grave per i migranti, la Fcei ribadisce la necessità di “corridoi umanitari europei come strumento strategico di gestione ordinata e sostenibile degli arrivi di soggetti vulnerabili richiedenti asilo”.
In questo quadro, dunque, le Chiese protestanti hanno voluto rinnovare la loro disponibilità “a condividere l’esperienza acquisita e a collaborare alla realizzazione di progetti di attuazione su scala europea di un modello operativo concepito e sperimentato in Italia”.