“Verità per padre Paolo Dall’Oglio”, il gesuita romano rapito sette anni fa in Siria e di cui non si hanno più notizie. A chiederlo è Riccardo Cristiano, fondatore dell’associazione “Giornalisti amici di padre Dall’Oglio”, durante una conferenza stampa svoltasi oggi a Roma presso la sede della Federazione nazionale della stampa italiana, indetta proprio per parlare di questo sequestro. “Come italiani non abbiamo fatto abbastanza per sentirci in pace con la nostra coscienza. Nelle scorse settimane – ha ricordato Cristiano – sulla stampa internazionale è apparsa la notizia del rinvenimento di fosse comuni dell’Isis a Raqqa. Ma di queste fosse nessuno, nella comunità internazionale, sta parlando. Credo che l’Italia abbia il compito, o possa avere il compito, come Paese natale di padre Dall’Oglio di chiedere, come avvenuto per Srebrenica, che anche a Raqqa si avvii un grande processo di ricostruzione dell’identità di tutte le vittime seviziate e giustiziate dall’Isis e gettate in queste fosse comuni”. “Questo bisogno profondo – ha aggiunto Cristiano – riguarda le nostre coscienze e la ricostruzione della storia di padre Dall’Oglio. La sua storia si identifica con quella di milioni di siriani, non solo di quelli giustiziati dall’Isis”. Secondo Cristiano “questo è un compito che come italiani dovremmo rivendicare e auspico che il nostro Paese lo ponga alla comunità internazionale”. Al tempo stesso il fondatore dell’associazione “Giornalisti amici di padre Dall’Oglio” pone all’Italia anche alcune domande sulla vicenda del gesuita rapito: “Le persone, che stavano nel quartiere generale dell’Isis a Raqqa durante i giorni del sequestro di padre Paolo e che oggi sono in una sorta di arresti domiciliari nella città siriana, hanno potuto rendere la loro testimonianza? Sono stati ascoltati? E cosa hanno detto? Sono domande che poniamo da due anni circa, le cui risposte oggi diventano sempre più urgenti e impellenti. Dobbiamo insistere perché la storia di Paolo si risolverà quando si risolverà il conflitto siriano. Sono storie intrecciate. Ricerca della verità e della pace coincidono”. Concetti ripresi anche dal presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti, che ha messo in guardia dal rischio che “una coltre di silenzio possa ricoprire questa guerra. Bisogna mettere voce nelle domande senza risposta che circondano il rapimento di Paolo per non essere complici di questo silenzio della comunità internazionale. La comunità internazionale chieda verità”. Francesca Dall’Oglio, sorella del gesuita, presente alla conferenza stampa, ha chiesto, anche a nome dei familiari, che “si faccia chiarezza, verità su Paolo” e ha ribadito “la speranza che possa essere ancora vivo”. “In Algeria – ha ricordato – ci sono state persone sequestrate per 10 anni, detenute nel fondo di un pozzo, che sono riuscite a sopravvivere. La speranza che sia vivo esiste. Io continuo a sperare e nel mio piccolo so, dai riscontri che ho avuto, che mio fratello era vivo a Baghuz nel febbraio-marzo 2019. Quando pensiamo a Paolo pensiamo alla Siria, quando parliamo di Paolo parliamo di Siria. C’è un processo a Coblenza sui crimini di Assad ma di questo non se ne parla, così come dei corridoi umanitari. Io continuo a sperare e mi affido alla Provvidenza”.