At 1,1-11; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20
Quello di oggi è l’epilogo del Vangelo di Marco, gli ultimi versetti. Anzi, prima del Concilio di Trento, che l’ha incluso nel Canone dei libri della Bibbia, questo brano era… fuori dal Vangelo di Marco. Ad ogni modo, dopo il silenzio e la fuga delle donne spaventate dinanzi al sepolcro vuoto, questa appendice racconta le apparizioni del Risorto, il mandato missionario e l’inizio della missione della Chiesa. Con la Resurrezione, il mistero di Cristo è pienamente risolto e svelato. Quello che inizia, da qui in avanti, è il mistero del cristiano, nell’attesa della trasfigurazione finale riservata ai discepoli che seguono Gesù fino in fondo, che ne sono apostoli e annunciatori, fino ai confini della terra. Si chiude il Vangelo e si apre la pagina della storia della Chiesa.
A Gerusalemme con l’Ascensione si conclude la vicenda personale di Gesù; da Gerusalemme comincia il cammino della Chiesa. Il tempo della Chiesa è terzo dopo quello dell’attesa e delle promesse e quello dell’attuazione del Regno di Dio in Gesù. Quello della Chiesa è tempo di evangelizzazione: una forte tensione missionaria attraversa tutto il libro degli Atti, nella consapevolezza che Gesù è l’unico salvatore di tutti gli uomini. Perciò la missione evangelizzatrice è universale e il libro degli Atti mostra la salvezza correre per le vie dell’impero romano da Gerusalemme a Roma e quindi in tutto il mondo.
L’Ascensione e l’invio degli apostoli sono due momenti inseparabili. Tra gli undici (Giuda non c’è più perché ha scelto un’altra strada) e tutti coloro che nel tempo riceveranno l’annuncio di Cristo, si trovano i successori degli apostoli e la Chiesa intera. Ad ognuno, Gesù si fa vicino, compagno di viaggio e forza interiore. I cristiani non sono dei “volontari del Vangelo”, ma degli inviati del Signore. Ogni cristiano è inviato, cioè missionario, ossia messaggero della Parola che tocca il cuore della vita degli uomini. Non si tratta solo di una miglioria della qualità della vita. La posta in gioco è molto più seria: si tratta di salvezza o dannazione, di vita o di morte. Perché la posta è seria, il Signore conferma la predicazione degli apostoli con segni anche straordinari. I segni, per quanto grandi, alludono al grande “segno” dell’umanità di Gesù, ora assunta in cielo. L’Ascensione in cielo di Gesù segna, anche, il mistero della sua nuova incarnazione che “con una non debole analogia” come insegna il Concilio si rende visibile nella Chiesa, che è il suo corpo e opera lungo i secoli.
Per quanto importanti e significativi, i segni, i miracoli, non devono mai essere separati dalla rivelazione di Dio in Gesù e dalla sua presenza nella Chiesa. Il teologo Karl Barth lo diceva con un parallelismo efficace: “Il mistero non poggia sul miracolo. È il miracolo che poggia sul mistero”. Il miracolo è simbolo del soprannaturale, serve ad aprire, per quanto brevemente, uno squarcio nel cielo. Come nel debole raggio di luce non è presente tutto lo splendore del sole, ma basta ad illuminare una stanza buia.
Anche l’Ascensione fa parte della Pasqua: il mistero di passione, morte e resurrezione. Per amore nostro. L’Ascensione è un mistero a due facce. Da una parte è compimento della glorificazione di Gesù, la Resurrezione si completa nell’Ascensione. D’altra parte l’Ascensione è l’avvio della storia della Chiesa che inizia con l’attesa, densa di preghiera. della Pentecoste. L’Ascensione è l’inizio dell’avventura della Chiesa, alla quale, prima che lo Spirito, viene consegnata una responsabilità.
Angelo Sceppacerca