A causa della pandemia di Covid-19 i bambini sono più esposti al rischio di violenza, abusi e sfruttamento on line. Come pure i lavoratori domestici stranieri, che hanno perso il lavoro e vengono esclusi dalla società. È la denuncia di Caritas internationalis e Coatnet (una rete di 46 organizzazioni cristiane impegnate nella lotta alla tratta di esseri umani), contenuta in un appello ai governi in vista della Giornata mondiale contro la tratta che ricorre il 30 luglio. “A causa delle misure restrittive imposte dalla pandemia è più difficile per le associazioni e le autorità identificare le vittime di tratta e sfruttamento, molte delle quali sono bambini – riferiscono le due reti -. Durante la pandemia sono aumentati i casi di violenza ai danni dei minori e il numero di bambini vittime dello sfruttamento on line, al quale sono esposti soprattutto quando seguono lezioni a distanza con scarsa supervisione da parte dei genitori”. Durante il lockdown in India, ad esempio, sono stati segnalati alle autorità 92.000 casi di abusi su minori nell’arco di soli 11 giorni. Caritas internationalis e Coatnet esortano i governi a fornire a queste persone “accesso alla giustizia e ai servizi di base, in particolare centri di accoglienza e linee di supporto dedicate, e a mettere al tempo stesso in atto misure urgenti e mirate per sostenere i lavoratori nei settori informali”.
“Chiediamo inoltre alle istituzioni e alle organizzazioni della società civile – sottolinea Aloysius John, segretario generale di Caritas internationalis – di proteggere i bambini dagli abusi e dallo sfruttamento, che avviene anche attraverso internet e i nuovi media” e a tutte le persone di buona volontà “di essere vigili e di denunciare i casi di sfruttamento e di tratta di esseri umani”. Anche i lavoratori domestici affrontano maggiori rischi economici, fisici e psicologici. In Libano e altri Paesi del Medio Oriente, ad esempio, “molti filippini e altri lavoratori stranieri – racconta Gabriel Hatti, presidente dell’ufficio Medio Oriente e Nord Africa di Caritas – stanno lottando per tornare a casa dopo aver perso il lavoro. Ora sono in fila di fronte alle loro ambasciate, senza alcun supporto sociale o protezione psicologica e molti di loro sono privi di un qualunque status legale”.