“24 giugno, un giorno di lutto e di sofferenza per tutta l’ortodossia”. Comincia così, con questa scritta, un video pubblicato oggi sul sito di informazione ortodossa “OrthodoxTimes” nel giorno in cui a Istanbul si sta svolgendo la prima preghiera islamica a Santa Sofia, dopo la riconversione due settimane fa da museo a moschea del monumento simbolo di Istanbul. La solenne preghiera del venerdì è officiata dal responsabile della Presidenza per gli affari religiosi (Diyanet), Ali Erbas, con la partecipazione delle massime autorità statali, tra cui il presidente Recep Tayyip Erdogan, che ha dichiarato di aver realizzato il suo “più grande sogno” riconvertendo quella che per quasi un millennio fu la basilica più grande della cristianità, prima di essere trasformata in moschea con la conquista ottomana di Costantinopoli nel 1453 e poi in museo da Mustafa Kemal Ataturk con un decreto del 1934, annullato il 10 luglio scorso dal Consiglio di Stato di Ankara. Imponenti le misure di sicurezza predisposte, con circa 20mila agenti e oltre 700 operatori sanitari schierati.
Ma per il mondo ortodosso – proprio ad Istanbul ha sede il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e risiede il patriarca ecumenico Bartolomeo – è “un giorno di lutto e di sofferenza”. Oggi, nelle chiese, nei monasteri e negli eremi ortodossi di tutto il mondo, dall’Australia agli Stati Uniti e alla Grecia, si terranno veglie, liturgie e preghiere e verrà intonato l’inno Akathistos, composizione dedicata alla Vergine Maria che, nella liturgia bizantina, si canta in piedi il quinto sabato della Quaresima. Negli Stati Uniti, l’arcivescovo d’America Elpidophoros, massima autorità della Chiesa greco-ortodossa negli Usa, ha incontrato ieri il presidente Usa Donald Trump e il vicepresidente Mike Pence alla Casa Bianca per informare le autorità degli Stati Uniti delle preoccupazioni del Patriarcato ecumenico e dell’arcidiocesi greco-ortodossa riguardo la riconversione della basilica di Santa Sofia in una moschea. A Creta e a Patrasso oggi le campane di tutti i luoghi sacri dell’isola hanno suonato a morto per dieci minuti a mezzogiorno.
In Australia, il presidente della Conferenza episcopale australiana, mons. Mark Coleridge, e l’arcivescovo Makarios, primate della Chiesa greco-ortodossa di Australia, hanno firmato insieme un comunicato per chiedere che la decisione venga annullata, in modo che Hagia Sophia possa essere di nuovo un luogo comune per tutte le persone e un emblema di pace”. Anche in Ucraina, la Chiesa si è unita in preghiera come “segno di vicinanza e solidarietà alla Chiesa madre, il Patriarcato ecumenico”.