Sulle isole greche continua il lockdown per migranti e rifugiati, che vivono in condizioni spaventose nei centri di accoglienza, nonostante la vita sia tornata alla normalità sia per la popolazione locale che per i turisti. Per Medici senza frontiere (Msf) “una misura ingiustificata e discriminatoria, che viene rinnovata ogni due settimane, nonostante la totale assenza di casi nei campi, e continua a deteriorare le condizioni fisiche e mentali delle persone”.
Quando il Covid-19 ha raggiunto la Grecia, oltre 30.000 richiedenti asilo e migranti vivevano nei sovraffollati centri di accoglienza delle isole, come Moria o Vathy, senza accesso regolare a cure mediche e servizi di base. A marzo, le restrizioni di movimento imposte per il Covid-19 hanno costretto queste persone, di cui il 55% donne e bambini, a restare chiusi nei centri, in scarse condizioni igieniche e senza alcuna possibilità di sfuggire alle crescenti violenze quotidiane.
“Da oltre un anno sono testimone delle disumane condizioni di vita che le persone sono costrette a sopportare nel campo di Moria. Non è vita, ma un ciclo di miseria che peggiora di giorno in giorno – afferma Marco Sandrone, coordinatore di Msf a Lesbo -. Molti dei nostri pazienti sono vittime di traumi orrendi nei loro Paesi d’origine e ne stanno vivendo un altro a Moria, un luogo che la maggior parte di loro definisce come il peggior incubo. Oggi ancora più di prima vivono in gabbia, guardando il mondo da dietro una recinzione. Ci sono 6.000 bambini intrappolati qui, un’intera generazione la cui infanzia viene uccisa ogni giorno”.
Molti dei pazienti pediatrici di Msf sono terrorizzati e non vogliono lasciare la clinica perché hanno paura di tornare nel campo. Sognano o chiedono di morire pur di non tornare a Moria. Tenerli rinchiusi in queste condizioni sta avendo un impatto ancora più deleterio sulla loro salute.
Per Msf le misure restrittive nei confronti di migranti e rifugiati sono totalmente ingiustificate e non fanno che aumentare sofferenza, rischi e stigmatizzazione. “Finora non ci sono stati casi di Covid-19 nei centri di accoglienza. Queste persone non rappresentano un rischio per gli altri, sono loro a essere a rischio e hanno bisogno di aiuto. Devono essere riconosciuti per quello che sono: esseri umani in fuga da guerre e persecuzioni. Chiediamo al governo greco di porre fine alle restrizioni di movimento delle persone nei centri di accoglienza, questa politica sta minacciando la loro salute mentale e fisica senza alcuna giustificazione. Da medici e da esseri umani non possiamo più accettarlo”, conclude Sandrone.