“Papa Francesco ci ha preso in contropiede e questa bella avventura ci ha dato la possibilità di ‘scoprire’ tanti atleti anche dal punto di vista umano e spirituale”. Sorride Giampaolo Mattei, vicepresidente di Athletica Vaticana, prima e unica associazione sportiva costituita in Vaticano, che con il gruppo sportivo Fiamme gialle della Guardia di finanza, il “Cortile dei gentili” e Fidal-Lazio ha organizzato l’asta di beneficenza WeRunTogether a sostegno degli infermieri e degli operatori socio-sanitari di due ospedali in prima linea contro il Covid-19, il Papa Giovanni XXIII di Bergamo e la Fondazione Poliambulanza di Brescia.
Al giro di boa dell’iniziativa, partita lo scorso 8 giugno sulla piattaforma online charitystars.com e che si concluderà l’8 agosto, Mattei ne stila al Sir un primo parziale bilancio: “Tutti gli atleti olimpici, che abbiamo contattato semplicemente tramite passaparola, hanno aderito con entusiasmo offrendo trofei, magliette, oggetti personali ed anche la possibilità di un allenamento insieme a loro. Ad oggi abbiamo raccolto circa 80mila euro. A conclusione, l’intero ricavato – perché la piattaforma che normalmente trattiene il 20% di provvigione in questa circostanza ha rinunciato – verrà consegnato direttamente al personale dei due ospedali”.
A sostenere e “benedire” l’iniziativa è stato proprio il Papa, ricevendo in udienza lo scorso 20 maggio una piccola delegazione di Athletica Vaticana – di cui facevano parte anche una ragazzina con una malattia neurodegenerativa, un’atleta di Special Olympics con un disturbo psichiatrico, un migrante dal Ghana e una detenuta di Rebibbia, capitano della squadra di calcetto della struttura – accompagnata dal card. Gianfranco Ravasi.
L’incontro è avvenuto alla vigilia del meeting internazionale di atletica “We run together – Simul currebant”, organizzato dai promotori dell’asta, inizialmente previsto per il 21 maggio a Castelporziano (Roma) e “che avrebbe visto scendere in pista – racconta Mattei – quasi 200 olimpionici di tutto il mondo – da Giamaica, Usa, Kenya – che avrebbero corso con atleti paralimpici, con disabilità mentali, rifugiati, migranti e carcerati per celebrare attraverso lo sport l’incontro, la condivisione, l’inclusione e il dialogo. L’emergenza sanitaria ci ha purtroppo costretti a rinviarlo ma ha al tempo stesso rivelato l’importanza di promuoverne concretamente i valori. Così, nell’impossibilità di correre con le gambe, l’incoraggiamento del Papa, che tra l’altro ha donato quattro importanti premi, a “correre con il cuore” per supportare infermiere, infermieri e personale ospedaliero che “stanno vivendo la loro professione come una vocazione, eroicamente, mettendo a rischio la loro stessa vita per salvare gli altri”, ha fatto il resto.
“L’idea di fondo – chiosa il vicepresidente di Athletica Vaticana – è
raccogliere fondi e dare testimonianza di uno sport possibile, fatto di sano agonismo, solidarietà e inclusione,
nel quale olimpionici detentori di record mondiali e persone con disabilità hanno la stessa dignità”. Per questo in ogni lotto di premi sono stati inseriti anche atleti paralimpici che “dal punto di vista economico non danno un grande ritorno ma è un modo per dare loro voce e visibilità”. E il tutto, tiene a precisare, è stato condotto in modo “artigianale”. Ad esempio “per avere le maglie dei calciatori di serie A ci siamo rivolti a un cappellano della Fiorentina che io conosco e ad un atleta delle Fiamme gialle che conosce il papà di Chiellini: si è così messo in moto un meccanismo spontaneo per cui in poco tempo sono arrivate tutte”.
E c’è anche chi – come Fabrizio Donato e Antonella Palmisano, ma non solo – “ha aperto anche la propria casa offrendo a chi vorrà la possibilità di trascorre una giornata con la propria famiglia. Molti atleti, che conoscevamo per le loro performance sportive, sono stati per noi una scoperta dal punto di vista umano e spirituale. Come il campione mondiale non vedente di lancio del disco Oney Tapia, entusiasta di poter offrire una giornata di allenamento con lui”. Ma all’appuntamento di Castelporziano non si rinuncia:
“Pandemia permettendo, si farà l’anno prossimo”.