“Fin da quando si ha la notitia de delicto, l’accusato ha diritto di presentare domanda di essere dispensato da tutti gli oneri connessi con il suo stato di chierico, compreso il celibato, e, contestualmente, dagli eventuali voti religiosi”. È quanto si ricorda nel Vademecum della Congregazione per la Dottrina della fede su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici, in cui si fa presente la possibilità per il chierico accusato di abusi di scrivere una “apposita domanda, rivolta al Santo Padre, presentandosi e indicando in breve le motivazioni per cui la chiede. La Congregazione per la Dottrina della fede, a sua volta, provvederà all’inoltro e – se il Santo Padre accetterà l’istanza – trasmetterà all’Ordinario o Gerarca il rescritto di dispensa”. Una volta conclusa l’indagine previa, si ricorda nel testo, gli atti vanno consegnati alla Commissione per la Dottrina della fede, alla quale spetta la decisione di procedere o meno al processo penale, che può esser giudiziale o extragiudiziale. La procedura relativa ai casi gravissimi, invece, “si conclude con una decisione diretta del Sommo Pontefice e prevede comunque che, anche se il compimento del delitto è manifesto, all’accusato sia garantito l’esercizio del diritto di difesa”. Le decisioni al termine del processo penale, sia esso giudiziale o extragiudiziale potranno avere un esito di tre tipi: condannatorio, assolutorio o dimissorio, “qualora non sia stato possibile raggiungere la certezza morale in ordine alla colpevolezza dell’imputato, in quanto manca o è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato ha commesso il fatto o che il delitto è stato commesso da persona imputabile”.