Osea 6,3-6; Romani 4,18-25; Matteo 9,9-13
I pubblicani, che raccoglievano le tasse di dogana, avevano una pessima reputazione in quanto pretendevano più del dovuto. Gesù chiama uno di loro, Matteo, a seguirlo, anzi ne fa uno dei suoi dodici apostoli. Matteo accetta prontamente e si libera da tutto ciò che possiede per acquistare il tesoro della sequela del Maestro. La gioia il banchetto che segue ne è il segno esteriore. I farisei, che si ritengono puri, sono scandalizzati nel vedere Gesù fra pubblicani e peccatori. Gesù dice loro chiaramente che non è venuto per i giusti perché non ce ne sono ma per i peccatori e i malati perché si salvino e guariscano proprio attraverso la fede in lui. L’invito di Gesù a imparare la regola d’oro del Regno di Dio misericordia voglio e non sacrificio invita tutti noi a scoprire che la salvezza si trova nella misericordia e non nel formalismo presuntuoso.
Gesù chiama un pubblicano peccatore Matteo e si lascia invitare da lui a tavola, circondato da altri peccatori. In questo modo Gesù offre la sua amicizia e la comunione con Dio a coloro che ne hanno più bisogno. In Gesù è Dio stesso che si mette a tavola con i poveri peccatori e viene giudicato da coloro che si credono giusti. Dio che offre il perdono, scandalizza coloro che non conoscono la misericordia. Solo quelli che, come Matteo, sentono di essere peccatori, avranno la felicità di vedere Dio seduto alla loro tavola e sfuggiranno all’orgoglio di credersi giusti.
Un quadro famosissimo del Caravaggio, oggi conservato nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, a Roma, immagina la scena della chiamata di Matteo in un grigio ambiente di un posto di guardia. Lì, il doganiere Matteo sospende il conteggio delle monete perché Cristo, che passa, stende la mano e lo chiama. Una lama di luce attraversa la scena nella stessa direzione. Matteo, interpellato in prima persona, fa eco al gesto di Cristo con il dito puntato al petto: “Ce l’hai proprio con me?”. Due suoi compagni guardano sorpresi, altri due continuano a contare i soldi. Tutto si concentra in un istante: è il “kairòs”, il momento decisivo in cui la grazia raggiunge il peccatore e gli cambia la vita. Nel quadro tutto tende a venire in primo piano verso noi che osserviamo: l’evento accade qui e adesso e coinvolge anche noi.
Mentre il paralitico sanato e perdonato torna a casa sua (Mt 9,7), Matteo si alza dal banco delle imposte perché chiamato dal Signore a seguirlo. In questo consiste la conversione, nel fatto che Matteo ha lasciato il suo vecchio disprezzabile mestiere e ha seguito Gesù.
Segue il banchetto in casa del Signore; Gesù stesso lo prepara e lo offre ai peccatori. Arrivano e si mettono a tavola con Gesù e i suoi discepoli molti pubblicani e peccatori, attratti da quanto è capitato al loro collega Matteo. Un’immagine straordinaria!
All’obiezione farisaica “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?” – Gesù conferma che si tratta di un banchetto di peccatori: “Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori. Misericordia io voglio e non sacrificio”.
Il racconto della chiamata di Matteo è fulmineo e sobrio. Una sola parola, “Seguimi!”, e poche azioni di Gesù “passando… vide… disse”, e di Matteo “seduto… si alzò… lo seguì”. Ognuno torni a “quel” momento in cui abbiamo detto di sì al Signore.
Non siamo molto distanti dall’ultima cena. Tutti i banchetti del Signore hanno un valore simbolico molto forte. Sono sempre il luogo della misericordia, in cui si svela il vero volto di Dio.
Santa Teresa di Gesù Bambino chiede a Gesù di poter sedere con lui al tavolo dei peccatori per poterne guadagnare il più possibile alla via del cielo! Una provocazione fortissima dinanzi al tavolo delle nostre comunità parrocchiali e dei nostri gruppi.
Angelo Sceppacerca