C’è un tempo prima del coronavirus e un tempo dopo. E c’è un mondo che ha dato una grande prova di sé: la scuola. Insegnanti, dirigenti e tutti gli operatori ma soprattutto gli studenti. Se la città d’ora in poi sarà migliore, più responsabile e più civile credo che sarà per merito della scuola, avamposto civile di questo Paese. È la palestra dove si insegnano i fondamentali del sapere; il luogo dove avvengono gli incontri reali tra coetanei e con gli insegnanti. Dopo l’apocalisse del coronavirus bisognerà pur pensare alla genesi. E da dove ricominciare la costruzione se non dalla scuola? Calamandrei la riteneva più importante del Parlamento e della Magistratura. Nietzsche affermava che alla scuola spetta il compito di formare non dei semplici impiegati ma dei cittadini. Agli impiegati bastano informazioni e competenze ma per formare i cittadini occorre la conoscenza, una visione ma anche il senso di un destino individuale delle persone e collettivo dei popoli. Per questo la didattica a distanza non sarà sufficiente. Bisogna tornare in presenza. Di fronte a situazioni difficili bisogna ricorrere a soluzioni altrettanto eccezionali. Ci sono grandi spazi, piazze, palazzi dello sport. Bisogna che i ragazzi tornino a frequentarsi per il valore dell’incontro perché la didattica non è solo un discorso verticale che passa dal docente al discente ma è anche orizzontale, mutuo e reciproco.
La scuola per tanti anni si è affidata a 3i: inglese, internet, impresa. Non erano quelle la soluzione ma si sono rivelate una parte del problema. Io preferisco dirvi di appellarvi ad altre 3i: intellegere, ovvero cogliere il dentro e la relazione tra le cose; interrogare, ovvero l’arte della domanda, perché gli interrogativi sono più importanti delle risposte; invenire, ovvero scoprire e inventare.
Un’ultima osservazione sui protagonisti: studenti e insegnanti. La parola professore deriva dal latino profitēri che vuol dire professare. In aula l’insegnante ha una triplice professione come dicevano i maestri antichi: affascinare (delectare), insegnare (docere) e muovere le coscienze (movere). La grande notizia è che siete voi ragazzi di 13-14-18 il bene più prezioso della città, come diceva Erasmo. A voi si chiede un miracolo, un compito importante ed entusiasmante. Quello di congiungere il notum ovvero il conosciuto dei maestri e degli adulti con il vostro novum, ovvero con l’inatteso, l’inaspettato, ciò che ancora deve essere. Il futuro nasce da questo incontro. Tocca a voi che siete il presente. Guai a coloro che vi dicono che siete il futuro perché voi date del tu al tempo e siete gli unici capaci di tendere un filo tra la memoria e il progetto, tra il passato e il futuro, tra i trapassati e i nascituri. Dalla scuola dovete aspettarvi il rigore e dovete essere esigenti anzitutto di voi stessi. Siate – oso dire – perfetti e di esempio per gli adulti. Credo che il mondo sarà migliore il giorno in cui non si dirà più che un giovane è bravo perché assomiglia a suo padre o a sua madre ma quando si dirà che un adulto assomiglia a voi. In bocca al lupo!
* Presidente della Pontificia accademia di latinità e già magnifico Rettore dell’Università di Bologna
(originariamente pubblicato su “Il Nuovo Amico”)