L’emergenza coronavirus ha causato un crack da 2 miliardi di euro all’olio d’oliva Made in Italy a causa della chiusura forzata di bar, ristoranti e agriturismi, ancora alle prese con una difficile ripartenza, degli ostacoli alle esportazioni e dell’azzeramento delle presenze turistiche. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti diffusa in occasione dell’assemblea di Unaprol, la principale organizzazione di aziende olivicole.
A pesare sul comparto è stato soprattutto il blocco del canale della ristorazione, devastante a livello economico, occupazionale e ambientale per una filiera che conta oltre 400mila aziende agricole specializzate in Italia ma anche il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp), con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive. A incidere sulle imprese olivicole italiane è anche il crollo del 44% dei prezzi pagati ai produttori, a causa, spiega Coldiretti, “della presenza sul mercato mondiale di abbondanti scorte di olio ‘vecchio’ spagnolo, spesso pronto a essere spacciato come italiano a causa della mancanza di trasparenza sul prodotto in commercio”.
Per rilanciare il settore Coldiretti ha elaborato un piano salva ulivi con un pacchetto di misure straordinarie a sostegno delle imprese agricole e frantoi che operano in filiera corta, con lo sblocco immediato delle risorse già stanziate per l’ammodernamento della filiera, anche attraverso la semplificazione delle procedure. Servono poi meccanismi di flessibilità per la certificazione delle produzioni di qualità a partire da Dop, Igp e Sqnpi. Nell’immediato vanno poi assicurati sostegno a fondo perduto per le imprese produttrici di olio 100% tricolore.
“Ma serve anche sostenere la ripresa delle esportazioni con un piano straordinario di comunicazione sull’olio che rappresenta da sempre all’estero un prodotto simbolo della dieta mediterranea”, conclude il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini.