Lockdown, la paura colpisce anche il libro. Cappelletto (Uelci): “Editoria in sofferenza, ora puntiamo a ripartire”

Il presidente dell’Unione editori e librai cattolici italiani analizza per il Sir la situazione del settore. “Non era facile leggere nelle settimane di isolamento. C’era molto tempo, ma l’angoscia ha fatto da freno”. Nei primi quattro mesi dell’anno vendute 8 milioni di copie in meno di libri, pari a 134 milioni di fatturato. Il comparto è in affanno, pur essendo cresciuto l’e-commerce. “Finalmente adesso le librerie hanno riaperto e gli editori hanno nuovi progetti”. Il ruolo culturale dell’editoria di matrice religiosa

(Foto ANSA/SIR)

Il lockdown dovuto al coronavirus ha bloccato per mesi il Paese. Anche le librerie e le case editrici hanno dovuto sospendere o ridurre drasticamente la consueta attività produttiva e commerciale. Quali le ricadute sull’editoria italiana? E su quella cattolica? Ne parliamo con Gianni Cappelletto, presidente dell’Uelci, Unione editori e librai cattolici italiani.

È possibile fare il punto della situazione dell’editoria? Avete registrato delle perdite in termini di copie e di valore economico?
Noi conosciamo il valore generale delle perdite del mercato: nei primi quattro mesi dell’anno si sono vendute 8 milioni di copie in meno del settore saggistica e fiction (dove si colloca il libro religioso) pari a un valore di fatturato di circa 134 milioni di euro al prezzo di copertina. A soffrirne sono state principalmente le librerie fisiche, ma vorrei anche ricordare che gli editori si sono dovuti assorbire la mole di rese per valori molto elevati (necessarie per le librerie che non avevano liquidità per pagare i fornitori). Veniamo da mesi caratterizzati da un groviglio di problemi dove le perdite del venduto è certo il dato più evidente; vorrei anche aggiungere i gravi problemi di liquidità e soprattutto la necessità di garantire ai dipendenti un ricollocamento nella filiera editoriale che ancora oggi sta riprendendo con molta lentezza.

L’economia e il lavoro cercano di uscire progressivamente dalla “fase acuta” dell’emergenza che ha segnato l’Italia. L’attività libraria sta riprendendo quota? Ci sono segnali positivi o no?
Il segnale positivo è che le librerie hanno riaperto. Per la verità alcune di queste non sono riuscite in questo compito e non riapriranno più: anche alcune librerie religiose. La zona d’ombra è che il mercato riprende a ritmi molto rallentati. I lettori non riescono ancora ad accostarsi al libro secondo i canoni di acquisto ordinari. Del resto siamo ancora in una situazione molto difficile: le città sono ancora poco frequentate e le disponibilità finanziare dei consumatori sono messe a dura prova. In questo quadro gli editori seguono l’andamento, ma non può riempire troppo i punti vendita di novità perché verrebbero bruciate dalle vendite ridotte. Stiamo tutti aspettando la ripresa di settembre per capire: al momento la previsione è che la situazione di criticità continuerà fino a fine anno. O meglio, molto dipenderà dagli indici di contagio che si potrebbero avere in autunno.

Come ha reagito la filiera distributiva nelle settimane di lockdown? È stato possibile garantire servizi pur minimi ai lettori?
Non era facile leggere nelle settimane di isolamento. C’era molto tempo ma l’angoscia e la paura hanno fatto da freno. La filiera libraria nel lockdown non si è però fermata del tutto. Sono state molte le librerie che hanno offerto ai loro clienti la consegna a domicilio dei libri utilizzando Facebook, le mail o il loro sito dedicato. Ma ci sono state proposte anche a livello nazionale: ricordo ad esempio l’iniziativa di San Paolo per la consegna a domicilio su vasta scala per le loro librerie ma anche per tutte le altre librerie religiose che hanno aderito all’iniziativa. Agli editori è mancata la possibilità di offrire parole di senso per i nuovi vissuti esistenziali, anche se qualcuno ha confezionato degli instant book in pdf che ha offerto ai propri lettori.

L’online ha potuto sostituire, durante i mesi di chiusura, l’attività delle librerie? E, guardando al futuro, quale peso potrebbe avere l’e-commerce librario?
Qualcuno ha calcolato che almeno il 37% dei consumatori si è accostato per la prima volta all’e-commerce. Nelle settimane di chiusura totale i libri sono stati acquistati in prevalenza su queste piattaforme. Appare in parte inevitabile che queste modalità di acquisto continueranno anche dopo le riaperture. Tutti gli editori sono riconoscenti al lavoro di questo canale distributivo che raggiunge zone del territorio non più presidiato dalle librerie fisiche, ma insieme siamo preoccupati perché su queste piattaforme la nostra produzione editoriale non gode di grande visibilità. Se il lettore sa cosa acquistare nell’online trova il libro e lo riceve velocemente, ma che ne sarà del nostro catalogo e delle nostre novità che iniziano a vendere solo dopo mesi dall’uscita? Ben il 75% dei lettori acquista dovunque, eppure in prevalenza passa dalla libreria. Sono in questi luoghi fisici che si vedono e si conoscono i titoli che possono interessare. La pandemia può avere dato una accelerazione a questa situazione. Gli editori dovranno interrogarsi senza demonizzare nessuno.

Stanno cambiando i comportamenti degli acquirenti di libri? Si legge di più o di meno rispetto al recente passato? I titoli che, in vario modo, riguardano religione e fede trovano lettori interessati?
Fino al mese di febbraio i dati delle vendite, anche del libro religioso, stavano andando bene e si intravedeva una labile luce di ripresa. Ora siamo arretrati di molti mesi e i nuovi eventuali segnali positivi li vedremo solo fra molto tempo. Per ora possiamo solo sperare di resistere. Tutti i soggetti della filiera sono pronti e carichi di idee. Le librerie hanno riaperto e gli editori hanno molte novità da lanciare. Siamo fiduciosi che i sacrifici di questi mesi potranno diventare risorse per il futuro. Ognuno di noi ha ripensato al proprio ruolo e, certo nulla è scontato, ma posso solo augurarmi che non prevalga la rassegnazione. Segnali di fiducia e caparbietà si vedono nel nostro mondo.

Quali le eventuali strategie che l’editoria cattolica potrebbe mettere in atto per mantenere la propria posizione di mercato e per continuare a essere voce importante dell’editoria – e, attraverso anche questa strada, della cultura – in Italia?
Il lavoro degli editori cattolici è da sempre strettamente legato a quanto accade nei vissuti ecclesiali: stimoli e progetti non mancano. Il nostro compito procede sempre su due binari: da una parte l’editoria di servizio verso la quotidianità dell’attività pastorale (sacramenti, catechesi, formazione) e dall’altra un ruolo che chiede di essere protagonisti del clima culturale del nostro Paese. La modernità non ci spaventa, semmai ci spinge a dialogare, a riflettere sull’umano e ad essere propositivi sui grandi temi che l’attuale pontificato di Papa Francesco ha sollevato come la povertà, l’ambiente, la cura delle persone, il dialogo, la “Chiesa in uscita”.

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