Malachia 3,19-20; 2Tessalonicesi 3,7-12; Luca 21,5-19
La cronaca nazionale e internazionale sembra trovare conferma nelle parole del Vangelo odierno dell’ultima domenica del tempo ordinario, prima della solennità di Cristo Re. Ma non ci si deve lasciare ingannare: se ad una lettura troppo veloce ciò che si raccoglie sono solo paure, timori, disastri e imminenti apocalissi, Gesù stesso esorta ad essere più prudenti e saggi.
La paura maggiormente presente per l’uomo consiste nel non sapere che fine farà, che ne sarà di lui e del suo essere vissuto per pochi o tanti anni. È in questo contesto che l’agire cristiano e della fede donano la loro ricchezza: il motivo per cui vivere diviene il fine della vita. Più che essere preoccupati del dove andare è importante sapere e avere capito come procedere. È quello che afferma Gesù nei primi versetti dell’odierno capitolo 21 di Luca: è importante e vitale andare alla sostanza delle cose e delle situazioni, non fermarsi all’apparenza o rimanere in superficie. E i discepoli, come ciascuno di noi, sono preoccupati del quando. È posta nell’uomo la capacità di cambiare la sua vita, prima ancora degli eventi esterni. Dio semina nella ferialità della vita tanti semi e segni per iniziare ad attuare il cambiamento e per poter dire che ciò è possibile ad ogni essere vivente.
Uno di questi segni è la verità della fede cristiana. Verità nel senso di profondità e radicalità del messaggio evangelico che non si lascia abbindolare da facili millenarismi, ma porta in sé la capacità di svelare, di togliere il velo a tutto ciò che impedisce all’uomo di credere, amare, sperare. La verità del Vangelo, come qualsiasi verità che ha un suo fondamento senza bisogno di supporti, ha in sé una forza e una potenza capaci di mutare dall’interno lo stato delle cose. Il cuore dell’uomo, intriso di libertà e fragilità, come si pone dinnanzi a tale verità? È nella risposta di Gesù la chiave per comprendere tale interrogativo quando afferma: “Non vi terrorizzate”. La verità evangelica dona all’uomo che le apre cuore e mente, come primo frutto della Grazia, la pace interiore al fine di meglio comprendere l’agire e il pensare.
Nella frenesia e rincorsa degli eventi che arrivano dalle Agenzie stampa ogni secondo la notizia, anche la più sana e bella, corre via veloce senza aver la possibilità di pensarla e meditarla. Tutto ciò crea ansia e angoscia nell’uomo, lo carica di tensione per sé e le persone a lui care. Tensione generata e alimentata soprattutto quando sono i fatti criminosi e di violenza a campeggiare sulle prime pagine della stampa. Gesù è chiaro: “Io vi darò lingua e sapienza”. La parola di Cristo è sempre attiva ed efficace, anche quando il cuore dell’uomo è ritroso ad accoglierla. Ma è Cristo a donare la parola nuova nel momento che non pensiamo e immaginiamo. La sua novità consiste nel fare nuovo ciò che l’uomo considera già come vecchio e archiviato. Quelle belle pietre che sostano sulla deriva della nostra mente e coscienza Dio Padre le distruggerà, ovvero, le spazzerà via dal nostro essere affinché possiamo esistere sino in fondo.
L’inganno è suadente e ben vestito, di bell’aspetto, e promette sempre cose belle senza tanta fatica. È l’inganno del nemico, direbbe S.Ignazio, che cerca di dissuadere l’uomo dal seguire l’amico, il Cristo. L’inganno è nascosto nel narcisismo e nella tracotanza del proprio io. Non è da seguire chi dice di andare dietro a lui, fosse anche un leader di grande prestigio e valore: il credente autentico si fa faro e dito puntato verso la meta che è Dio padre. Essere perseveranti impegna tutta la persona e non solo una parte di essa, razionalità o emotività. È da tale perseveranza, perciò, che prende vita la fedeltà in Cristo, a servizio della Chiesa, per il bene dell’uomo.
Giacomo Ruggeri