Domenica 21 ottobre

Esodo 17,8-13; 2 Timoteo 3,14-4,2; Luca 18,1-8 Il primo frutto della preghiera è il vivere la comunione con Dio e non ciò che viene chiesto perché, l’oggetto della preghiera, venga esaudito. In questa domenica, in cui la Chiesa celebra la Giornata mondiale missionaria, il brano dell’evangelista Luca si offre come terreno fecondo per dare alla missione stessa un giusto significato: avere il proprio cuore “prontamente” libero e aperto alla missione che Dio desidera compiere e vuol portare a compimento nella vita di ciascun uomo e donna. In tale ottica si comprende l’impegno dei missionari fidei donum, ovvero, di coloro che vengono inviati ad una Chiesa lontana a nome della propria Chiesa di appartenenza. Ma cosa intende dire Gesù con quel “pregare senza stancarsi mai”? Bisogna risalire alla traduzione greca per scoprire che “senza stancarsi” vuol dire: senza che il proprio cuore si incupisca su se stesso generando abbandono passivo. Quante volte si è fatta l’esperienza di rivolgersi a Dio per mezzo della preghiera e rimanere in attesa della sua risposta! Ma non è questo lo stile e tanto meno la spina dorsale della preghiera. Pregare è quell’atteggiamento intimo e interiore che, giorno dopo giorno, amplia a Dio il proprio cuore; è quel disporsi con tutto se stessi perché Dio Padre buono agisca nella vita della persona che a lui si rivolge. La preghiera è eccentrica perché ha il suo centro in Dio e non nell’uomo che lo prega; non è quel parlarsi addosso nel tentativo di giustificare le proprie richieste, anche le più assurde, ma è quell’ascoltare quelle, e non altre, parole che Dio sta dicendo all’uomo quando questi si ferma, si dispone ad ascoltare. La preghiera, pertanto, è ascolto di Dio più che parlare a Dio, è sintonizzarsi nella sua stessa lunghezza d’onda. E quali sono le modalità per sintonizzarsi? La prima su tutte, ovviamente, è la vita sacramentale. La celebrazione dell’Eucaristia è il modo primo per porsi in ascolto di Dio, un ascolto che viene vissuto in forma comunitaria, di popolo che pone l’orecchio del cuore in quello di Dio. La vedova che vuole giustizia è l’uomo che senza il proprio sposo (Cristo) non riesce a dare senso e valore alla propria vita. Lo trova tanto quanto insiste con se stesso nel non demordere, senza stancarsi di farsi domande importanti. Senza stancarsi, inoltre, indica l’importanza della costanza nell’ascolto di Dio. Ecco la seconda modalità per sintonizzarsi: la preghiera della Liturgia delle Ore che ritma la giornata del credente mediante la preghiera dell’Ufficio delle Letture, delle Lodi, Ora Media, Vespri e Compieta. È una Chiesa intera che ogni giorno, notte compresa, si rivolge a Dio con le parole della salvezza, della Scrittura, della fede dei Padri, di una storia antica e nel contempo moderna. Nella vita delle comunità parrocchiali la preghiera con la Liturgia delle Ore è un punto centrale, assieme alla vita dei sacramenti, per la formazione alla fede. In modo particolare, gli adolescenti e i giovani siano educati a pregare con la liturgia della Chiesa mediante i Salmi, aiutandoli a dare senso e pienezza alla giornata scandita dalla preghiera salmica. La Liturgia delle Ore non è una particolarità unica dei sacerdoti, delle monache e dei religiosi ma rappresenta la modalità offerta ad ogni persona che desidera nutrirsi e formarsi alla scuola del Vangelo. La preghiera, perciò, è una scuola che educa alla fedeltà, alla costanza, al non lasciarsi prendere dai propri umori ma essere fermi alla Parola. Se si viene meno alla costanza quotidiana della preghiera come ascolto delle parole che Dio dona mediante la sua Parola, il cuore per sua natura tende ad incupirsi, a curvarsi su stesso. La ricerca dello sposo, Cristo, sia quotidiano, sia umile, sia costante. Giacomo Ruggeri