“Vogliamo davvero tornare ad una ‘normalità’ che non c’è più, e che forse non c’è mai stata? O non faremmo meglio a gettare uno sguardo nuovo, più saggio e misericordioso sul nostro mondo, per cercare insieme le ragioni e le forme di nuove solidarietà di cui abbiamo bisogno per non perderci per strada, per sperare in una comunità davvero degna di questo nome?”. È l’interrogativo posto questa mattina dal vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi, nell’omelia pronunciata nel corso della messa che ha presieduto in cattedrale nella memoria liturgica del beato Andrea Giacinto Longhin, che guidò la Chiesa trevigiana per 32 anni, dal 13 aprile 1904 al 26 giugno 1936, giorno della sua morte.
Per commentare la situazione attuale, mons. Tomasi ha richiamato l’azione del suo predecessore perché può essere un “insegnamento potente per il nostro presente”. Dopo la Prima guerra mondiale, ha ricordato, “Longhin ha potuto intraprendere i passi di una difficile ma effettiva ricostruzione. Tornare come prima, mettendo tra parentesi gli eventi tragici della prima guerra mondiale poteva forse sembrare una via percorribile, ma si sarebbe rivelata un’illusione, una fuga non certo degna dell’eroica presenza del Vescovo in città durante il conflitto”. “Ci possiamo fare almeno un poco ispirare anche noi, nella situazione difficile ed inedita che stiamo vivendo, ora che torniamo ad attività e forme di vite almeno in parte consuete, dopo il lungo periodo di isolamento?”, ha domandato il vescovo. Tomasi ha sottolineato che abbiamo bisogno “di più amicizia civile, di più giustizia, di più solidarietà, di più cura del creato, dei piccoli e dei poveri. Di più cura reciproca, del tempo e delle relazioni”.