Amos 8,4-7; 1Timoteo 2,1-8; Luca 16,1-13 La scaltrezza evangelica non è la capacità di raggirare l’altro, ma l’intelligenza di saper condividere e non accumulare per sé. Una lettura un po’ superficiale del Vangelo dell’odierna domenica può portare il lettore ad una rapida conclusione sbagliata: conviene essere disonesti fregando il prossimo, per di più quando è lo stesso Vangelo a sottolinearlo! Niente di tutto ciò. La logica del mondo porta all’acquisto sempre più sfrenato, ad un piacere sempre smodato di accumulare ogni tipo di avere e bene. Gesù, nel presentare l’odierna parabola, invita ad acquisire una logica della condivisione e non dell’accumulo, del saper trafficare ciò che si ha, diventando ricchi non perché si tiene per sé, ma perché si spezza e si condivide con chi non ha. È una logica che va contro ma è segnata dalla linfa del Vangelo. Benedetto XVI nella piana di Montorso, in occasione dell’Agorà dei giovani italiani l’1 e il 2 settembre lo ha ribadito ai tantissimi giovani presenti nell’omelia della celebrazione eucaristica: “Cari giovani, mi sembra di scorgere in questa parola di Dio sull’umiltà un messaggio importante e quanto mai attuale per voi, che volete seguire Cristo e far parte della sua Chiesa. Il messaggio è questo: non seguite la via dell’orgoglio, bensì quella dell’umiltà. Andate controcorrente: non ascoltate le voci interessate e suadenti che oggi da molte parti propagandano modelli di vita improntati all’arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo ad ogni costo, all’apparire e all’avere, a scapito dell’essere. Di quanti messaggi, che vi giungono soprattutto attraverso i mass media, voi siete destinatari! Siate vigilanti! Siate critici! Non andate dietro all’onda prodotta da questa potente azione di persuasione”. Senza criticità e vigilanza si diviene amministratori del possesso più che gestori del dono ricevuto. Dalla madre terra che sorregge gli uomini e le cose alle creature animali e umane che vivono in essa ogni cosa è un dono ricevuto che si è tenuti ad amministrare. Sperperare gli averi indica l’andar contro questa mentalità ed essere accusati di distruggere ciò che è dono e disprezzare ciò che viene dalla gratuità. Colui che viene chiamato dall'”uomo ricco” per rendere conto della sua amministrazione intuisce che, se anch’egli cade nella logica dell’accumulo, perda la sua identità. Quando fa suo lo stile del perdono, della misericordia e della gratitudine è allora che assomiglierà sempre più a Dio. Ed è per questo che la lode non viene data per aver agito con frode, ma con amore, lo stesso atteggiamento che ha avuto il padre nei confronti del figlio minore quando è tornato a casa (cfr Lc 15,11-32). Gli amici con la “disonesta ricchezza” non sono coloro che non viaggiano in Porche o Ferrari da tenerseli buoni e vicini! Sono coloro che, avendo tanto, vengono aiutati a capire che l’avere porta alla solitudine e all’aridità interiore, mentre il donare genera fraternità e pace del cuore. È sempre il Papa che ai giovani radunati a Loreto ha detto: “Non abbiate paura, cari amici, di preferire le vie alternative indicate dall’amore vero: uno stile di vita sobrio e solidale; relazioni affettive sincere e pure; un impegno onesto nello studio e nel lavoro; l’interesse profondo per il bene comune. Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente o fuori moda: i vostri coetanei, ma anche gli adulti, e specialmente coloro che sembrano più lontani dalla mentalità e dai valori del Vangelo, hanno un profondo bisogno di vedere qualcuno che osi vivere secondo la pienezza di umanità manifestata da Gesù Cristo”. Dinnanzi all’amore di Dio non si può mercanteggiare e contrattare altri amori al pari di esso. Quel “non si può seguire” richiede delle scelte coraggiose e non impossibili perché il Vangelo è a portata d’uomo. Giacomo Ruggeri