Domenica 22 luglio

Genesi 18,1-10; Colossesi 1,24-28; Luca 10,38-42 Nel pieno dell’estate si viene invitati a cogliere la “parte qualificante”. Quadro tutto al femminile quello che la liturgia della Parola ci propone nel capitolo dieci di Luca con un Gesù pellegrino. Anche per Gesù c’è il tempo della sosta (non delle ferie), del riposo del corpo e della ristorazione dell’anima. Significativo, a tal proposito in questo periodo, l’affollarsi in monasteri, conventi e luoghi di spiritualità di singoli e famiglie in ricerca di un pane che nutra il cuore. È lo stesso pane di cui ha fame Maria, la sorella di Marta. Non si rende giustizia, a mio avviso, quando si pone l’una contro l’altra o, peggio ancora, l’una migliore dell’altra. Gesù non è stato accolto dalla divisione ma dalla condivisione di vita di due sorelle. È stato accolto nella vita ordinaria perché essa trovasse senso profondo. La storia dell’umanità è nel segno della relazione: da Caino e Abele a San Paolo e i fratelli delle comunità. La relazione può divenire, come assistiamo quotidianamente, luogo di scontro, guerra, distruzione ma anche luogo di crescita, stupore, vita nuova. Una delle grandi sfide, per esempio, che la catechesi oggi si trova ad affrontare è quella della relazione che vi è tra l’uomo (nelle tappe dell’età evolutiva) e il Cristo. Spesso Gesù di Nazareth viene presentato e offerto come un qualcosa esterno alla vita del bambino, all’adolescente, all’adulto; quasi un dover – per forza di cose – fare i conti con “questo Gesù” quando la vita però è un’altra cosa. Una catechesi che cerca di appiccicare un Gesù come questo ha poco da dire e da dare. L’indicazione, perciò, arriva proprio dalla risposta di Gesù a Marta, parlando della sorella Maria. Cristo non è fuori dalla vita dell’uomo ma vive in lui da sempre: le preoccupazioni, l’agitazione senza delle fondamenta che lo sorreggono portano l’uomo a non sentire il Signore presente dentro di sé. È bello, pertanto, vedere come l’aiuto a scoprire ciò che è essenziale per la vita cristiana avvenga in un contesto tra fratelli e sorelle, in una relazione dello stesso sangue. Ciò che è veramente qualificante nei confronti di Dio è quell’ascolto a chi è più vicino, al prossimo nel senso fisico del termine. Gesù, infatti, non richiama Marta per il compito lodevole di servizio che sta svolgendo, ma per il suo atteggiamento interiore di attenzione verso sua sorella Maria che diviene specchio per incontrare Gesù. E come se Gesù le dicesse: “Guarda tua sorella Maria mentre stai servendo e ricordati sempre che è dall’ascolto vero ed interiore aperto al Padre che nasce il desiderio di servire e donarsi agli altri. Non ti rimprovero per quello che fai perché è importante farlo, ma ti ricordo ciò che è essenziale per vivere bene ogni tipo di servizio”. Non era a caso, dunque, la sosta di Gesù nella casa delle sorelle di Lazzaro; una sosta che mette in moto un cammino interiore nel cuore di Marta. Questa pagina dell’evangelista Luca, perciò, è ben lontana da ogni tipo di contrapposizione tra dinamismo e contemplazione. Non si dimentichi che anche la contemplazione come vocazione (si pensi, ad esempio, allo stato di vita in monastero) è quel mettersi a servizio dei tanti cuori assetati e affamati di Dio che bussano alla porta claustrale. La vita contemplativa non è l’osannare la figura di Maria a scapito di Marta ma è quella fusione delle due sorelle che genera una vera fraternità monastica dove Gesù quotidianamente sosta e condivide. Il doppio appello che Gesù opera nei confronti di Marta sta ad indicare una nuova vocazione che l’attende, un uscire dalla presa dei “suoi molti servizi” per ridonarla a sua sorella; così facendo Gesù dice a Marta che la sua solitudine (“mi ha lasciata sola”) continuerà ad esistere sin quando non impara a lasciarsi servire per prima grazie alla testimonianza di Maria. È la parte essenziale, “la migliore”, che non verrà tolta a Maria a qualificare ogni agire e servizio. Marta, dunque, ritrova se stessa grazia a sua sorella e all’incontro con Gesù. Potessimo anche noi ritrovare la nostra quotidiana identità grazie ai fratelli che Dio ci pone accanto come soste feconde nella casa della Chiesa. Giacomo Ruggeri