Domenica 1 luglio

1Re 19,16.19-21; Galati 5,1.13-18; Luca 9,51-62 Perché è così difficile annunciare il cristianesimo? Ma l’annuncio comporta la previa accoglienza del messaggio e della persona del Cristo. Ed allora: perché è cosi difficile accogliere il cristianesimo? Interrogativo che ha tenuto desto il pensiero – e continuerà in avvenire – la ricerca di persone e popoli. Nel Vangelo di Luca in questa prima domenica di luglio e tredicesima del tempo ordinario vengono proposte alcune piste di riflessione, sia per la vita cristiana del credente sia per la vita della comunità più ampia. Questo linguaggio dell’evangelista aiuta a sfrondare la via cristiana da facili irenismi e, nel contempo, a ripulire di soggettivismo e autoreferenzialità molta della prassi pastorale e della pastorale vocazionale in particolare. L’intero quadro biblico si svolge sulla strada, per via, procedendo da un luogo ad un altro. È proprio una delle caratteristiche di Luca quella di porre Gesù in un atteggiamento di pellegrino, viandante che non percorre la via come mezzo per arrivare, ma quale stile esistenziale. E la strada non sempre è tracciabile ma è già tracciata, oppure, indicata quale possibile tra diverse alternative. È proprio questo termine che evoca e segna tanto dell’agire pastorale. All’inizio, per esempio, di questo periodo estivo sono molte le iniziative a favore di bambini, adolescenti e giovani mediante campi-scuola, grest, settimane di spiritualità e quant’altro. Certamente queste proposte si pongono, per il giovane, come alternative tra tante altre esperienze che gli si pongono innanzi, identificabili nel lavoro, esperienza all’estero come stage, nulla facente per due mesi. Rimanendo vera la forza e valenza del “Se vuoi” è altrettanto vero che, specie ai giovani, va chiesto e non solo proposto, di prendersi a quattro mani la propria vita e capirne che farne e verso chi dirigerla. Nel presente clima culturale e sociale la ricchezza di alternative è buona se si aiuta a soppesarne la profondità e la superficialità di ciascuna di esse. Non è raro sentire pronunciare l’espressione “Che male c’è” o “In fin dei conti è uguale” in bocca di giovani e adulti. Come a dire: se non fa male, fa bene. Provare non nuoce e ti apre al senso della sfida e del rischio. Ma tale modalità di pensiero porta la persona a non comprendere più che cosa è bene e cosa è male, giusto è sbagliato, buono e cattivo. A tale proposito il parlare deciso e sferzante di Gesù verso chi gli diceva di seguirlo lascia intendere che nel fare una scelta si deve guardare sia le conseguenze che le responsabilità. C’è una tendenza ad adagiarsi sul già scelto “ora” senza avere la sana tensione di dover rispondere “domani”. In quel “non ha dove posare il capo” Gesù indica a quel tale (ognuno di noi) che l’essere suoi apostoli implica uno spogliarsi di schemi personali ed aprirsi invece alla libertà di cuore, mente e spirito. “Dovunque tu vada”: spesso non ci si rende nemmeno conto di ciò che diciamo al Signore nella preghiera, non calibrando le parole con la capacità di portarle alla meta. Sono poi le “cose di casa” e di tutti i giorni a tenere ben stretta la persona alle proprie certezze. In quel padre da seppellire e nel congedo da quelli di casa Gesù non pone un out-out come se volesse mostrare la sua insensibilità. Tutt’altro: vi è un forte invito a rendere più maturo e qualificato il grado di discernimento e donazione. Non si può entrare, per esempio, in seminario solo perché si ha la fede e la buona volontà. Se non c’è quel “seguimi” detto da Gesù che va a sbloccare ogni paura e timore sarà difficile un qualsiasi cammino di consacrazione, compreso una donazione tra uomo e donna. Accogliere il cristianesimo significa accogliere Cristo e non l’idea che si ha di lui. L’aratro di cui parla Gesù è un attrezzo agricolo che non si limita a tagliare il terreno ma ne rovescia la zolla, portando alla luce ciò che prima era nascosto. Mettere mano all’aratro in campo pastorale richiede la costante verifica di chi vi sia a trainare l’aratro e, soprattutto, verso chi e cosa si guardi avanti. Volgersi indietro quasi a rifuggire dalla novità che Cristo sta per compiere rallenta il passo verso l’ingresso a Gerusalemme. Giacomo Ruggeri