Domenica 17 giugno

2Samuele 12,7-10.13; Galati 2,16.19-21; Luca 7,36-8,3 Il peccato è stanato dal perdono, il peccatore dall’amore. Con l’odierna domenica si prosegue il cammino liturgico nella cadenza del tempo ordinario che farà da canovaccio sino al termine dell’anno liturgico. È un tempo bello, fecondo, profondo in quanto corrisponde con il lungo periodo estivo e la ripresa dell’anno pastorale. Lungi, dunque, dall’essere o dal considerarlo un tempo sterile e tanto meno banale. Non c’è nulla di superficiale e approssimativo quando il timone del tempo e della storia è Dio Padre con la sua parola divina. Tempo ordinario come sinonimo di ferialità impegnata e quotidianità sensata. E proprio nella vita di tutti i giorni come la casa e la mensa che ha luogo l’intera scena del brano evangelico narratoci dall’evangelista Luca. È il fariseo che prende l’iniziativa nei confronti di Gesù invitandolo a casa sua per consumare il pasto. Il fariseo sa bene chi è Gesù, quale rabbi e maestro, ma non si aspetterà mai che proprio da una persona non invitata, la donna peccatrice, arrivi l’insegnamento da accogliere e il boccone più amaro. Nelle relazioni interpersonali avviene la medesima cosa: quelle persone con le quali si ha poco a che fare perché non corrispondenti con il proprio carattere o altre che non fanno parte della cerchia di amicizie scelte, divengono fonte di provocazione e riflessione. Il fariseo invita il maestro, Gesù, che parla e mette in pratica la regola aurea dell’amore. Il fariseo, di nome Simone, accoglie Gesù con la testa più che con il cuore. L’amore che viene da Dio per essere ridonato ai fratelli non potrà mai essere frutto di alchimie di laboratorio. Gesù non ci sta a lasciarsi strumentalizzare come personaggio d’onore nella casa del fariseo, o meglio, nella casa della cecità. Ed è per questo che il collirio che Gesù stesso metterà negli occhi di Simone il fariseo è quell’insieme di scelte e gesti compiuti dalla donna: indaga, cerca, entra, si pone dietro, bagna, bacia, asciuga, cosparge. Sono i gesti di chi ama e di chi si sente profondamente amato nel cuore. La peccatrice sa bene di essere nel torto e nell’errore, cosa che invece non sa il fariseo di se stesso. Il peccato della donna è manifesto svelato a tutti; quello del fariseo è celato dal falso velo della giustizia. Ed è il più insidioso perché ti fa credere di essere nel giusto quando invece convivi con l’ingiustizia, pensi di agire a fin di bene facendo solo del male. Alla mensa di Simone il fariseo manca la portata più importante: amore e perdono. Nel dialogo stupendo tra Gesù e il padrone di casa viene presentata quella pedagogia di padre e maestro alquanto utile per chi è chiamato a svolgere un servizio educativo e caritativo ad ogni livello. L’amore e la ricerca che animano la donna – senza nome – mancano al fariseo che un nome lo ha. Quale nome manca alla nostra persona per essere identità vera e autentica? A quale mensa ci sediamo per ricevere il pane del perdono e la bevanda della misericordia? Dio è padre che condona il debito all’uomo amandolo ancora più fortemente. È una logica che rema contro rispetto al pensare comune che agisce per meriti. Mediante il racconto dell’evangelista, Gesù afferma che il primo ad essere amato è colui che presume di non averne bisogno, come il fariseo. La donna ha trovato in Gesù una mensa che la sfamerà d’ora in poi di amore puro, libero, gratuito. Dalla mensa di casa sua il fariseo sarà chiamato, se vuole, grazie proprio a Gesù e alla donna, ad abbandonare la tavola imbandita di legalismo, presunzione, condanna. Mentre Simone il fariseo pensava di comperarsi l’amicizia e la notorietà di Gesù nella sua casa ha fatto irruzione l’inatteso, il vero bisogno, la conversione necessaria. Simone in piedi da padrone di casa, la donna posta dietro a Gesù da serva. Gesù ama la donna tanto quanto ama Simone. Scegliere di aprire la porta della propria vita a Cristo significa tirarsi dietro tutte le sue umane e divine sorprese benefiche. Giacomo Ruggeri