Atti 2,1-11; Romani 8,8-17; Giovanni 14,15-16.23b-26 Il tempo di Pasqua, con la presente solennità della Pentecoste, giunge al suo punto più alto. Se è vero che il tempo pasquale dal punto di vista liturgico come tempo forte arriva a conclusione è anche vero che i frutti e gli effetti della Pasqua non sono misurabili, né tanto meno contenibili entro gli spazi umani. Gesù il Consolatore chiede al Padre di inviare un altro Consolatore, lo Spirito Santo, perché rimanga per sempre con l’uomo. La liturgia della Parola odierna, insistendo quasi con lo stesso brano di Vangelo della sesta domenica di Pasqua, pone alla nostra attenzione e meditazione, con una sottolineatura non secondaria, il ruolo dello Spirito Santo, terza persona della Trinità, nella vita del credente e della Chiesa. Nel vivere alla luce dei comandamenti prende vita l’amore per Dio. Il concetto di amore non lo si conosce quasi più, perso nei mille rivoli di significato personalista e invidiale rispondente ai propri piaceri e fabbisogni. Gesù dice: “Se mi amate, osserverete i comandamenti”; con ciò evidenzia che l’amore non è una pura idea o ideologia ma concretezza nel quotidiano in un confronto costante con sé e gli altri. L’osservare di cui Gesù parla non è un atteggiamento concettuale ma di totale coinvolgimento in prima persona. Non è solo la testa a muoversi ma con essa le mani, la bocca, il naso, gli occhi, le orecchie. L’amore ha bisogno di tutti e cinque i sensi per potersi dire cristiano. L’azione dello Spirito Santo, dunque, è quella di “ricordare tutto” ovvero riportare al centro ciò che si è smarrito e perso di vista. Il suo agire è un ri-centrare. Da qui si comprende la necessità di entrare in relazione con esso a livello personale e comunitario. Invocare lo Spirito significa rivolgersi a ciò che è comunione in sé, la Trinità. Da questo punto di vista, per esempio, si comprende l’importanza di lavorare con maggiore impegno nel campo dell’ecumenismo quale orizzonte profetico per la Chiesa. A tal proposito il prossimo incontro ecumenico a livello europeo che si terrà in settembre a Sibiu (Romania), è un grande dono per conoscersi e condividere, riducendo sempre più quelle distanze, specie ideologiche e sociali, che non fanno bene all’edificazione del Regno di Dio. Dalle varie Chiese d’Europa è stata richiesta una delegazione di giovani, segno questo della volontà di investire sulle giovani generazioni per l’annuncio del Vangelo e la testimonianza della fede. Pentecoste: quel porsi dalla parte del povero per indicargli la speranza, quel porsi al fianco di chi è smarrito per donare la luce del Vangelo… Pentecoste: prendere esempio da Gesù che prega il Padre che mandi il Consolatore capace di gettar fuori dal cuore dell’uomo il desolatore, il nemico… Da questo punto di vista si prenda coscienza della modalità del celebrare, del fare catechesi, dell’educare… In tutte queste realtà si può annidare il desolatore, colui che destabilizza la certezza per tramutarsi in incertezza e dubbio. Dal celebrare i sacramenti alla pastorale della terza età tutto diviene via preziosa per far lavorare lo Spirito Santo, lo Spirito potenza di Dio. Senza un cuore docile e attento alla voce dello Spirito si rischia di perdere la sensibilità dei cinque sensi. Pentecoste: sapersi scrollare di dosso ogni forma di piagnisteo sterile per gustare le meraviglie di Dio che non cessa mai di donarle all’uomo a piene mani. Giacomo Ruggeri