“È necessario garantire il potenziamento della presa in carico sul territorio e a domicilio dei soggetti affetti da Sars-Cov-2 e, più in generale dalle persone che versano in condizione di fragilità; è necessario prevedere che l’infermiere di famiglia e comunità partecipi all’attuazione dei piani di assistenza territoriale da disegnare con una reale multi professionalità per identificare e gestire i contatti e l’organizzazione dell’attività di sorveglianza attiva, e ricopra un ruolo di responsabilità nell’ambito dei processi infermieristici a livello distrettuale”. Lo hanno spiegato al presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, Barbara Mangiacavalli e Ausilia Pulimeno, rispettivamente presiedente e vicepresidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), nell’ultima giornata degli Stati generali a Roma, nel corso della quale il premier ha incontrato le federazioni delle professioni sanitarie. Mangiacavalli ha quindi sottolineato la necessità di “un ulteriore adeguamento delle dotazioni organiche oltre i numeri dei decreti legati all’emergenza con l’aggiornamento della programmazione degli accessi universitari: gli infermieri non bastano, ne mancano 53mila”. “Necessario – ha aggiunto – anche l’aggiornamento della normativa sull’accesso alla direzione delle aziende di servizi alla persona”. Sempre nell’ottica di garantire la continuità dell’assistenza, la Fnopi chiede di superare i vincoli di esclusività per consentire un’attività professionale a favore di strutture sociosanitarie per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di queste strutture. “Gli infermieri in Italia – ha evidenziato la presidente – sono tra i meno pagati d’Europa: la loro retribuzione è compresa tra i 1.200 e i 1.600 euro al mese”. Di qui la richiesta di una indennità infermieristica che sia parte del trattamento economico fondamentale, non una “una tantum”.