Domenica 21 gennaio

Neemia 8,2-4.5-6.8-10; 1Corinzi 12,12-31; Luca 1,1-4; 4,14-21 La solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. La fede non nasce con noi e con noi non morirà. Non solo è un dono che si riceve da Dio ma che è stato anche lavorato da millenni di storia, passando attraverso la carne viva di una miriade sterminata di persone. È una fede, la nostra, dai mille volti, nomi, storie. L’evangelista Luca da inizio alla sua prima opera che è il vangelo (la seconda è il libro degli Atti degli Apostoli) consapevole proprio di una storia che è stata prima di lui e di un’altra che lo precederà. Quegli insegnamenti ricevuti non sono delle sole nozioni che vengono tramandate ma sono il segno visibile dell’accoglienza della Parola di Dio nella personale esistenza. Ed è per questo che Luca ci invita a essere persone grate, ricche di gratitudine per quella che viene definita la storia della salvezza che è alle spalle della nostra vita e che ci permette, oggi, di essere cristiani credenti. Nel contesto del periodo liturgico attuale si è invitati a riflettere e pregare per l’unità dei cristiani e le parole del Vangelo di Luca offrono spunti per continuare a tessere quella profonda ed estesa rete che è l’ecumenismo. Gesù proclama Isaia, un profeta vissuto prima di lui e che rappresenta un personaggio-chiave nella fede biblica-ebraica. Nella scelta di proclamare Isaia c’è l’invito a rivedere il personale percorso storico alla luce della Scrittura. La storia di una parrocchia, per esempio, è si fatta dall’acquisto del terreno per la costruzione della chiesa, dal periodo in cui è iniziata a popolarsi di palazzi e fabbricati, ma il suo vero nervo storico è dato dall’agire di Dio nella storia di ciascuna persona. La parrocchia è annodata da Dio con le vicende degli uomini e della storia, più che dai vari parroci che vi sono succeduti. È importante, a tal proposito, in questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, fermarsi e stendere assieme la storia della propria comunità a cui ci si sente di appartenere a partire dalla Scrittura, sull’esempio di Gesù. Nel ripercorrerla ci si accorgerà di come le parole del profeta Isaia abbiano tutt’oggi una ricchezza fresca e viva. Le cinque “missio”, ovvero, i cinque invii e mandati che il profeta dice di sé, Gesù le fa sue all’inizio del ministero di predicazione. Partiamo dal primo: annunziare ai poveri la notizia bella del Vangelo significa ricevere da essi la notizia che Dio ci ama a partire da chi dipende totalmente da Lui. I poveri del Vangelo sono i dipendenti da Dio in tutto e per tutto, ecco perché poi Gesù proclamerà “Beati i poveri”. Le povertà presenti nelle nostre città sono un richiamo alle dipendenze molteplici che ci legano, soffocano e ci impoveriscono nell’intimo. Su questa linea Gesù prosegue affermando la necessità di trovare legami veri, liberi, nuove relazioni che generano vita invece di toglierla. In questo contesto si rivela provvidenziale la dimensione ecumenica, quale collirio per meglio vedere la storia della propria fede cattolica in relazione alle altre (ortodossa, protestante…). È in un vedere comune che si riescono poi a compiere passi condivisi e di condivisione. L’impegno di ogni credente, perciò, si concretizzi nell’adempiere l’espressione di Gesù: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura”. L’oggi della storia ci interpella come credenti e come uomini in ricerca perché si adempia la Parola che Dio ci dona. La Parola si adempie non senza l’uomo e la sua storia particolare. L’incarnazione profuma di umanità salvata, amata, donata. Giacomo Ruggeri