Sapienza 2,12.17-20; Giacomo 3,16-4,3; Marco 9,30-37 Il criterio con il quale giudicare la grandezza umana è completamente diverso nel Vangelo. Non si guarda alla potenza ma al servizio, alla capacità non di dominare ma di accogliere gli altri, considerandoli una presenza viva e attuale del Signore. Lo uccideranno. Gesù parla chiaramente ai discepoli, senza reticenze, della sua passione: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma una volta ucciso, il terzo giorno risusciterà”. Ai discepoli il discorso è quasi incomprensibile, quando Gesù aggiunge che “risusciterà”. “Non comprendevano quelle parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni”.
Quel genere di incomprensione non è ancora cessata. Molti si chiedono che bisogno c’era di una morte così cruenta per salvare il genere umano. Non era sufficiente un gesto o una parola di Dio onnipotente? Perché chiedere al Figlio la morte in croce? La risposta definitiva sarà sempre un mistero. Gesù ha parlato della sua morte come una prova di amore: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio, affinché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna”. L’amore di Dio ha scelto questa strada e chiede anche a noi di percorrerla poiché alla croce segue la gloria e la risurrezione. Il più grande. Mentre Gesù parlava, una discussione era sorta tra i discepoli, per sapere chi tra loro fosse “il più grande”. Quale il criterio per stabilire la loro grandezza? Pensavano forse a una gerarchia di potenza e di prestigio, come accade ancora oggi. Gesù interviene nella discussione e propone un diverso criterio di valutazione: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. L’autorità non è costituita per dominare gli altri, ma per servirli.
È venuto da questo principio il termine “ministro”, uno che deve essere servitore degli altri. Ministro per servire, non per essere servito. È un criterio che deve ispirare anzitutto chi nella Chiesa è chiamato a ministeri più alti, ma dovrebbe anche riguardare chi è costituito in autorità nella società civile. Non andare alla caccia di incarichi prestigiosi per il proprio interesse, ma per servire il bene comune, specialmente con particolare attenzione a chi ha più bisogno di aiuto e di sostegno. Un bambino. Nel suo insegnamento, Gesù vuole essere molto concreto: “Preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. La comunità cristiana ha accolto da subito questo insegnamento ed ancora oggi lotta per la difesa di ogni bambino, sin dal suo concepimento nel seno materno. La Chiesa è praticamente rimasta sola nel rispettare e far rispettare la vita del nascituro. D’altra parte continua a dare testimonianza, in ogni parte del mondo, di quanto abbia cura dei bambini, di quelli più abbandonati. Ogni cristiano è chiamato a vedere nel bambino la presenza stessa di Dio, che gli ha dato la vita. Il bambino poi per la sua innocenza e disponibilità, per la fiducia che ha nei suoi genitori, diventa modello del discepolo. Ogni credente è chiamato a vivere nello stesso atteggiamento di spirito da adulto, consapevole che ci si deve abbandonare senza riserve e con fiducia nelle braccia del Padre, per fare sempre la sua volontà.
Carlo Caviglione