Coronavirus Covid-19: Atism, un “manifesto” per affrontare “l’etica dell’imprevisto”

“Coltivare sentimenti e pratiche ispirati all’umano comune significa farsi sensibili ai processi di emarginazione prodotti nella vita delle persone, delle città, dei popoli e dell’intera biosfera”. È quanto si legge nel “manifesto” di teologia morale elaborato dall’Associazione teologica italiana per lo studio della morale (Atism), alla luce dell’emergenza sanitaria in atto. Quella attuale, rilevano i teologi a proposito della “cultura dello scarto” denunciata da Papa Francesco, è una società che “genera benessere, ma anche rifiuti, talvolta tossici, e al contempo esseri umani di scarto. La stessa pandemia ha evidenziato l’ambiguo intreccio tra processi di inclusione sociale e dinamiche di esclusione ed emarginazione, di degrado della convivenza umana: il lockdown è stato particolarmente duro per gli impoveriti, per i senza tetto, per rifugiati e sfollati, per i richiedenti asilo. Né la logica dello scarto si ferma alla dimensione economica: entra nelle pieghe delle scelte quotidiane – specie in situazioni di urgenza e scarsità di risorse come quella degli ultimi mesi – e intacca la percezione della dignità delle persone”. Di qui la necessità di una nuova dialettica tra pubblico e privato, “tra diritti individuali di libertà e ruolo delle istituzioni per la vita associata”, temi su cui il Covid ha alimentato un dibattito rilevante anche per il futuro, “per l’impatto sulla vita dei cittadini, sullo stato di diritto e sui rapporti tra i differenti poteri e i decisori pubblici – che hanno evidenziato la relazione imprescindibile tra diritti e bene comune”. Riguardo al rapporto tra tutela delle persone e scelte di sanità pubblica, secondo l’Atism la pandemia ha fatto emergere “l’indicazione etica di offrire a ogni paziente il massimo potenziale di cura disponibile, valutando tutte le variabili contestuali, secondo il principio di proporzionalità”. “Delicata è anche la gestione dei dati personali sensibili per l’interesse pubblico”, poiché “la gestione dei processi decisionali attraverso algoritmi potrebbe portare a nuove forme di esclusione e controllo di persone e gruppi”. “È possibile valorizzare invece la tecnologia per una scuola orientata alla cittadinanza consapevole, centrata sulla sapiente presenza relazionale di formatori, tesa alla crescita di persone in processi educativi condivisi?”, si chiede ancora l’Atism, che esorta a porsi il problema di “un’etica dell’imprevisto, per un mondo prevedibilmente destinato a forti e veloci mutamenti”.

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