“L’affanno del Servizio sanitario nazionale emerso durante i momenti più bui dell’emergenza Covid-19 ha mostrato a tutti la necessità di investire maggiormente sul territorio, sulle cure primarie e soprattutto sulla medicina generale, affiancandole risorse umane e tecnologiche necessarie ad amplificare e sistematizzare la sua azione di prevenzione, iniziativa, assistenza alla cronicità, supporto alla non autosufficienza, alla terminalità e alle piccole acuzie che si sono rivelate preziose durante la crisi pandemica”. È una valutazione amara quella di Silvestro Scotti, segretario generale Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale), secondo il quale “i decessi per Covid-19 non ci hanno insegnato nulla”. Nell’ambito del Decreto Rilancio, osserva infatti, “è caduta una pioggia di emendamenti che, in maniera diretta o indiretta, mettono in discussione quella figura medica che, per ammissione generale, ha avuto un ruolo cardine ed è stata la cartina di tornasole dell’efficacia dell’organizzazione dei sistemi sanitari regionali durante la crisi”. In particolare, Scotti sottolinea che gli effetti degli emendamenti proposti sono “la marginalizzazione del ruolo del medico di medicina generale, l’azzeramento della formazione specifica in medicina generale, la sottoutilizzazione del fascicolo sanitario elettronico e un inefficace e subdolo tentativo di passaggio alla dipendenza dei medici della medicina generale”. “Ci si aspettava – conclude – che tutte le anime della politica di questo Paese, con ancora negli occhi i camion militari di Bergamo a trasferire bare, proponessero strumenti legislativi idonei ad armonizzare e organizzare in modo omogeneo i protagonisti, sanitari e non, che operano sul territorio. Non è stato così, sembra invece che l’unico ambito da riformare, disinvestendo e annichilendo, sia la medicina generale”. Di qui l’annuncio che la Federazione è pronta a scendere in piazza.