In occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile (domani, 12 giugno), l’Unicef Italia ricorda che, a livello globale, 152 milioni di bambini – 64 milioni di bambine e 88 milioni di bambini – sono coinvolti in lavoro minorile, vale a dire 1 su 10; di questi, 72 milioni sono coinvolti in lavori pericolosi; questa proporzione aumenta nei Paesi più poveri del mondo, dove più di 1 bambino su 4 è coinvolto nel lavoro minorile.
“Oggi vogliamo ricordare tutti i bambini coinvolti nel lavoro minorile, tutti i bambini che hanno perso l’istruzione, le famiglie, anche la vita per questa piaga. Il lavoro minorile interferisce con l’istruzione ed è pericoloso per lo sviluppo fisico, mentale e sociale di un bambino – ha dichiarato Francesco Samengo, presidente dell’Unicef Italia -. Sono ancora troppi i bambini privati della loro infanzia, vittime, loro malgrado, di una realtà spietata che li costringe a diventare improvvisamente adulti e li espone a gravi pericoli. Il Covid-19 ha inoltre inasprito le vite dei bambini, soprattutto quelli più vulnerabili come i bambini che lavorano. È un nostro dovere fare di più per tutti loro, soprattutto oggi”.
Nei Paesi colpiti da conflitti armati – dove vivono circa 250 milioni di bambini – l’incidenza del lavoro minorile è più alta del 77% rispetto alla media globale. Nelle sue forme peggiori, il lavoro minorile può tramutarsi in schiavitù, sfruttamento sessuale ed economico e morte.
L’Unicef, ricorda una nota, promuove un approccio integrato per eliminare il lavoro minorile, che include il rafforzamento di iniziative per i genitori e la risposta alle pericolose norme sociali che perpetuano il lavoro minorile, in aggiunta a un rafforzamento del supporto legale e sociale e dei meccanismi di segnalazione per arginarlo.
Per eliminare il lavoro minorile l’Unicef chiede delle azioni: innanzitutto, “rendere i bambini visibili. I governi devono investire nella raccolta di dati nuovi e migliori sul lavoro minorile”. Serve, poi, “includere i bambini lavoratori nelle iniziative e nei programmi di protezione sociale” e “cambiare le norme sociali e permettere l’empowerment delle comunità”. Infine, occorre “rendere l’istruzione accessibile e maggiormente pronta a rispondere ai bisogni dei bambini lavoratori”.