La preghiera è “combattimento della fede e vittoria della perseveranza”. Con queste parole, tratte dal Catechismo della Chiesa cattolica, il Papa ha commentato la vicenda di Giacobbe, al centro dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata. “Un giorno sente il richiamo di casa, della sua antica patria, doveva ancora viveva Esaù, il fratello con cui sempre era stato in pessimi rapporti”, ha raccontato Francesco: “Giacobbe parte e compie un lungo viaggio con una carovana numerosa di persone e animali, finché arriva all’ultima tappa, al torrente Jabbok. Qui il libro della Genesi ci offre una pagina memorabile. Racconta che il patriarca, dopo aver fatto attraversare il torrente a tutta la sua gente e tutto il bestiame, che era tanto, rimane da solo sulla sponda straniera. E pensa: che cosa lo attende per l’indomani? Che atteggiamento assumerà suo fratello Esaù, al quale aveva rubato la primogenitura? La mente di Giacobbe è un turbinio di pensieri”. “Mentre si fa buio, all’improvviso uno sconosciuto lo afferra e comincia a lottare con lui”, ha proseguito il Papa: “Giacobbe lottò per tutta la notte, senza mai lasciare la presa del suo avversario. Alla fine viene vinto, colpito dal suo rivale al nervo sciatico, e da allora sarà zoppo per tutta la vita. Quel misterioso lottatore chiede il nome al patriarca e gli dice: ‘Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele’ perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!”. “Non sarai più un uomo che cammina così, ma diritto”, ha commentato a braccio Francesco: “Gli cambia il nome, gli cambia la vita, gli cambia l’atteggiamento. Allora anche Giacobbe chiede all’altro: ‘Svelami il tuo nome’. Quello non glielo rivela, ma in compenso lo benedice. E Giacobbe capisce di aver incontrato Dio ‘faccia a faccia’”.