Sabato Santo – 15 aprile

Romani 6,3-11; Marco 16,1-8 Nel terzo giorno del triduo pasquale, il Sabato Santo, la Chiesa è in silenzio. Non si celebra la Messa, gli altari sono spogli, segno di partecipazione alla morte del Signore. È una vigile, trepida attesa della sua imminente risurrezione. Chi entra oggi in una chiesa, sin dal mattino, può restare colpito da un grande silenzio. Questo Sabato infatti, per la Chiesa latina, è un giorno a-liturgico, che significa privo di ogni celebrazione, specialmente di quella eucaristica. Non viene celebrata nessuna Messa, in attesa della sera, quando avrà inizio la grande Veglia pasquale, la madre di tutte le Veglie, la più antica nella storia della Chiesa, con le letture del Vecchio e Nuovo Testamento, che partono dall’origine del mondo, la creazione, e fanno rivivere nella storia le grandi tappe di Israele, preparato sotto la guida di Mosè e dei profeti, ad accogliere il Messia promesso, il liberatore. Il grande silenzio aiuta i fedeli a riflettere sul valore del sacrificio che Gesù ha compiuto sulla croce, ma li mette anche, spiritualmente, in un clima di speranza, poiché, con la sua croce, Cristo ha vinto la morte e ha promesso, anche per noi, la gloria della risurrezione. Il primo atto della Veglia pasquale è la benedizione del fuoco nuovo, dal quale si attinge la fiamma per accendere il cero pasquale, segno del Cristo risorto. Entrando nella chiesa, completamente buia, il celebrante canta per tre volte le parole: “Cristo, luce del mondo”. Si accendono allora tutte le luci, mentre il diacono intona il solenne annuncio pasquale: “Esulti il coro degli angeli, un inno di gloria saluti il Signore risorto”. Al segno della luce si aggiunge quello dell’acqua battesimale. Attualmente si conferisce il battesimo nelle domeniche dell’anno liturgico. Anticamente non era così. La notte del battesimo era solo quella della Veglia pasquale, poiché come Cristo era uscito vivo dal sepolcro, così i nuovi battezzati (neofiti), uscivano dall’acqua del fonte battesimale con una vita nuova, quella di figli di Dio. Oggi in molte Chiese si è ritornati al rito antico, specialmente se sono presenti degli adulti o convertiti o per essersi preparati al battesimo, secondo le norme della Chiesa. Furono le donne a giungere per prime al sepolcro, avendo preparato gli aromi per il corpo del Crocifisso. Ma, entrando nel sepolcro, “videro un giovane, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui”. Le parole dell’Angelo ricordano quelle dette a Maria il giorno della annunciazione. “Non temere”. Anche se le cose del cielo ci possono sorprendere, non c’è mai motivo per aver paura di Dio. Egli viene e interviene sempre a nostro favore, per aiutarci e per liberarci. Non solo, Egli ci chiama a collaborare con Lui all’opera della nostra salvezza. Come l’Angelo ha chiesto alle donne. Esse, considerate ultime nella cultura orientale, sono le prime a essere testimoni della risurrezione e incaricate di andare a dire ai discepoli e a Pietro “che Egli vi precede in Galilea”. Le prime ambasciatrici del Risorto, le prime annunciatrici di quello che sarà il cuore stesso di tutto il Vangelo, annuncio della “buona notizia”, quella della risurrezione.

Carlo Caviglione