Coronavirus Covid-19: padre Piccolin (missionario Pime a Belém, Brasile) al Sir, “aumentano contagi in località interne, senza adeguate strutture sanitarie”

“Nel settore della città dove è localizzata la mia parrocchia (Santa Luzia, nel quartiere di Jurunas) che è una delle più popolose e povere e che comprende il porto fluviale, la situazione è ancora critica e i morti di Covid-19 sono ancora tanti”. Arriva da Belém, la capitale dello Stato brasiliano del Pará che sorge nei pressi della foce del Rio delle Amazzoni, la testimonianza di padre Flavio Piccolin, missionario del Pime di origini comasche. Belém è una delle città brasiliane più colpite dal coronavirus. Ma, come è accaduto in altri casi (per esempio a Manaus), dopo un iniziale picco nella grande città, ora i contagi si stanno espandendo soprattutto all’interno della regione amazzonica. Racconta, infatti, padre Piccolin: “I numeri ufficiali sono di 44.774 contagiati e 3.193 morti, martedì ci sono stati novanta casi e 15 morti. Questi sono i numeri ufficiali ma sappiamo che non tutti i casi sono dichiarati, anche per la mancanza di tamponi. Secondo il Governo dello Stato del Para a Belém è stato raggiunto il picco, ma nelle altre aree la situazione è differente. Il Governo ha sospeso il lockdown e da lunedì scorso sono riprese gradualmente le attività. Anche le chiese possono essere riaperte al culto con limiti di distanziamento sociale. (4 metri quadrati). Ci sono forti pressioni per riprendere le attività, ma non sempre le indicazioni sul distanziamento sociale e sulle norme d’igiene vengono rispettate. Secondo l’Università federale Usp di Belém, non possiamo affermare che si sia raggiunto il punto massimo dell’epidemia e la riapertura pare prematura”. Per il missionario, “è chiaro che il governo dello Stato riceve una forte pressione per riprendere le attività economiche. Il vicario episcopale ha posticipato la riapertura delle chiese cattoliche a domenica prossima. Ci stiamo preparando all’apertura non in chiesa ma in un capannone parrocchiale più ampio e arieggiato. Io, però, penso che questa riapertura sia prematura. La salute delle persone viene al primo posto”.
Ma quello che però adesso preoccupa è “la situazione nell’interno dello Stato. All’inizio della pandemia molti abitanti di Belém, rimasti senza lavoro, sono andati nelle isole e nell’entroterra per sfuggire al virus. Questo ha aiutato a diminuire la popolazione e il numero di abitanti per metri quadrati. Il problema è che il virus adesso si è concentrato nei municipi dell’interno del Paese dove le strutture sanitarie sono precarie e impreparate per affrontare la pandemia. Mancano unità di terapia intensiva, respiratori, ma anche le cose più elementari come le mascherine. Il personale sanitario manca spesso di protezione e molti sono stati contaminati dal virus. Il governo dello Stato aveva ordinato in Cina 300 macchine per la respirazione che sono arrivate da15 giorni, ma purtroppo sono difettose e non funzionano. In tanti posti quindi si muore perché mancano i respiratori”.

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