Isaia 63, 16-17.19;64,1-7; 1Corinzi 1, 3-9; Marco 13,33-37 È da un po’ di tempo in atto, tra laici e cattolici, un dibattito che riguarda la trascendenza e l’ipotesi della presenza di Dio nella storia. Un Dio che non si vede ed ha lasciato all’uomo e alla sua libertà la conduzione degli eventi nel mondo. IL POTERE AI SERVI. La parabola parla di un signore che “è partito per un viaggio, dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito e ha ordinato al portiere di vigilare”.
Non è la sola parabola che, sotto profili umani, come il re o il padrone, presenta Dio come uno che se n’è andato, che ha lasciato la casa o la reggia in cura ai suoi servi.
Nella storia, questi servi, che siamo noi, hanno creduto spesso che il padrone se ne fosse andato davvero. Persino che non esistesse neppure, con l’impressione di essere i padroni e di avere un potere, per sempre, su tutte le cose.
Invece che custodi o amministratori, hanno creduto realmente di essere dei proprietari, gestendo le cose a loro favore. Non hanno tenuto conto che il padrone era presente, anzi si aspettava da loro una gestione del tutto conforme alla sua volontà.
Quando la legge di Dio è dimenticata o non è più a fondamento della condotta dell’uomo – come ha ricordato Benedetto XVI – non siamo più in democrazia, ma in un tempo di ipocrisia. L’uomo si è illuso d’essere padrone del mondo. A CIASCUNO IL SUO COMPITO. La parabola esprime, come quella dei talenti, questo concetto interessante: che a ciascuno dei servi è stato affidato “un suo compito”. La parabola non dice quale, ma non può sfuggire il significato, pregnante, di questa indicazione.
Non c’è stata data la vita per gestirla senza uno scopo, senza una meta. Altrimenti si corre il rischio non di vivere ma di “lasciarsi vivere”, come accade a non pochi. La vita di ciascuno di noi ha uno scopo. Nel piccolo e antico Catechismo si leggeva che “Dio ci ha creati per conoscerlo, per amarlo, servirlo e poi goderlo nell’altra vita”.
Non credo che si possa dare oggi una migliore risposta. Non saremmo stati capaci di conoscere e amare Dio se non ci avesse fatto dono di questa esistenza. D’altra parte non avremmo neppure il privilegio di poter compiere la sua volontà.
Abbiamo però il dovere di indagare quale è il nostro compito, la missione che ci è stata affidata. In concreto, come seguire la nostra vocazione. In questo non possiamo però affidarci solo a noi stessi, ma alla preghiera e a buoni direttori di spirito che sappiano aiutarci nelle nostre scelte. IL PADRONE RITORNERÀ. Durante l’assenza del padrone di casa, i servi non devono dimenticare che un giorno ritornerà. Dio è in marcia verso di noi e noi stiamo per incontrarlo.
Quando? È questo che non si sa. La parabola indica espressamente questa situazione di incertezza: “Vigilate perché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati. Vegliate!”.
È una indicazione chiara e precisa. Non lasciarsi cogliere dal sonno e vigilare. Viviamo tra un dubbio e una certezza: certamente il Signore verrà, ma non sappiamo quando.
Non possiamo escludere nessun momento della nostra vita. Siamo nelle sue mani. Conosciamo la sua misericordia, ma su ciò che abbiamo fatto ci sarà un giudizio. Saranno le nostre opere ad accompagnarci in quel punto, nel bene e nel male, come servi che dovevano portare a termine il compito loro affidato.
Carlo Caviglione