Domenica 12 giugno 2005

Esodo 19,2-6a; Romani 5,6-11; Matteo 9,36- 10,8   Secondo il Vangelo , la venuta del figlio di Dio nella storia non è un episodio isolato e a se stante. Già il Bossuet definiva la Chiesa come “il Cristo continuato e diffuso”. Nella storia post-evangelica nessun uomo s’incontra personalmente con Cristo, ma con chi lo rappresenta. Fatto che crea molti guai e pochi vantaggi, per chi ha difficoltà a riconoscere nella Chiesa la presenza di Cristo.   I POCHI OPERAI. Facendo la prima presentazione di sé, dopo l’elezione, Benedetto XVI ha voluto definirsi come un “umile lavoratore”, alla stregua degli operai, di cui parla Gesù nel brano odierno di Matteo. Operai chiamati a lavorare nella messe, che è molta, mentre loro sono pochi. Gesù ha dato per scontato questa difficoltà perenne nella sua Chiesa. La forbice esistente tra la moltitudine da evangelizzare e le poche braccia che attendono a questo lavoro. Pensiamo a quei dodici (gli apostoli) a cui veniva affidato il mondo intero. “Predicate a tutte le nazioni”. Un compito immane, una missione impossibile. Eppure, ricevuto lo Spirito Santo, non si scoraggiarono e andarono ovunque, senza conoscere barriere o confini. Ancora oggi, due terzi dell’umanità non conosce il Vangelo, o non lo conosce adeguatamente. Molto hanno fatto i viaggi e la predicazione di Giovanni Paolo II, ma rimane il fatto che “gli operai nella messe” sono ancora pochi. I cristiani devono riflettere su questa realtà, per impegnarsi in prima persona e rispondere all’invito di Gesù: “Pregate dunque il padrone della messe, che mandi operai nella sua messe”   GUARIRE LE INFERMITA’. Stranamente, il primo compito affidato da Gesù ai Dodici, è stato quello di “scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie o di infermità”. Talvolta si sente dire o scrivere, da parte di chi non si stanca di fare le pulci all’opera della Chiesa, che la stessa non ha la funzione della Croce Rossa. Lo si sente dire prevalentemente come critica al suo impegno sociale a favore dei bisognosi di ogni genere. Si dice che compito della Chiesa è quello di guarire le anime, non i corpi. Eppure il comando di Gesù ai suoi non fa distinzioni. Trova poi conferma nella storia, l’impegno continuo dei cristiani nel sollevare la sofferenza con la costruzione e gestione di ospedali, di asili, scuole, brefotrofi, lebbrosari, ambulatori ed ogni altro genere di interventi a servizio dell’uomo. La missione che Gesù affida agli apostoli non si limita dunque al culto e alla preghiera, ma guarda all’uomo nella sua integrità, per tutto ciò che gli abbisogna, a cominciare ovviamente dallo spirito, che deve essere liberato da ogni tipo di oppressione.   ALLE PECORE PERDUTE. La missione per la salvezza non deve conoscere né limiti né esclusioni. Tuttavia una categoria deve essere privilegiata: “rivolgetevi alle pecore perdute”; prima a quelle di Israele. Più tardi verranno anche i pagani, ma nel progetto di Dio vi è una ragionevole gradualità. Gli apostoli dovranno cominciare prima dai più vicini, per cimentarsi poi con i più lontani. Non è molto diverso oggi il compito della Chiesa, chiamata ( in questo tempo di diffusa secolarizzazione) a recuperare prima le pecore che ha perdute. Vale a dire quella forte percentuale di battezzati che o si sono allontanati, oppure non si sono mai sentiti parte della Comunità dei credenti. Pecore magari smarrite, se non proprio perdute e che, tuttavia, è compito di tutti i cristiani andare a cercare. Quando Gesù parla di “operai nella messe”, non intende soltanto i preti o i religiosi, ma tutti i fedeli, anche laici, che sono le membra vive del Corpo di Cristo. Tutti devono impegnarsi nella ricerca dei perduti, per far conoscere a tutti la via della verità e della salvezza.
Carlo Caviglione