Domenica 3 aprile 2005

Atti 2,42-47; 1Pietro 1,3-9; Giovanni 20,19-31

Anche chi ha poca dimestichezza con il Vangelo conosce certamente l’episodio di Tommaso che non ha voluto credere alla risurrezione del Signore. È diventato così la figura emblematica della persona che “non crede se non vede”, o si porta avanti altri dubbi nei confronti della fede. I TESTIMONI. In realtà qual è la vera colpa di Tommaso, sempre che si possa chiamare così? Di fatto, apparendo otto giorni dopo, Gesù rimprovera l’apostolo per non aver creduto. Creduto a chi? Agli altri discepoli, quindi ai primi testimoni della risurrezione. La colpa di non aver creduto alle parole dei suoi amici che conosceva da anni come onesti e veritieri. Egli avrebbe dovuto credere alla loro parola che, in sostanza, dava inizio nella Chiesa all’annuncio del Vangelo. Senza la testimonianza e la predicazione dei Dodici, neppure oggi ci sarebbe al mondo la fede nel Cristo risorto, che è origine e fondamento della Chiesa nel mondo. Noi siamo oggi credenti in forza di quella testimonianza. Nessuno di noi ha visto il Risorto, eppure scrive San Pietro, “voi lo amate”. È nelle fede della Chiesa che viene radicata ogni nostra certezza. SE NON VEDO, NON CREDO. Quante volte abbiamo colto anche noi questa dichiarazione sulle labbra di uomini e donne del nostro tempo. Sembra, infatti, una richiesta ragionevole in ordine alla fede, ma non lo è affatto. Gesù aggiunge per Tommaso un’ultima beatitudine: “Beati quelli che senza aver visto, crederanno”. La fede non può esigere l’evidenza, altrimenti non è più “certezza di cose sperate, che non si vedono”. Mentre per la scienza occorrono delle prove per giungere alla verità, la fede si fonda unicamente sulla parola di Dio, da lui rivelata e trasmessa dai profeti o dagli apostoli. La stessa parola di Dio è l’unica fonte di verità e il contenuto della nostra fede. Se vogliamo vedere o toccare, ciò significa che non ci fidiamo soltanto della parola di Dio. Anche ai nostri giorni si hanno fenomeni di dubbia fede. Vi è chi non condivide l’insegnamento del Papa o la presenza di Cristo nell’Eucaristia, e poi corre dietro a presunte apparizioni di Madonne o di Santi. MOLTI ALTRI SEGNI. Chiudendo il suo Vangelo, Giovanni annota: “Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli… Questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio”. I miracoli compiuti da Gesù (i segni), dovevano dunque condurre alla fede. Ma non sempre è stato così, come s’è visto davanti al sepolcro di Lazzaro. Dice il Vangelo che “molti” credettero in lui. Molti, ma non tutti. Il che vale anche per la risurrezione di Gesù. Il miracolo non conduce necessariamente alla fede, semmai è il premio di chi crede. In fondo il vero miracolo è credere (A.Pronzato). È difficile dire per quali vie si giunga alla fede, oggi come in passato. Certo i tempi sono cambiati e da molti anni non esiste la cristianità in cui si respirava un’aria di fede. Magari molto spesso una fede un po’ tradizionale, che non poneva ricerca né problemi. Oggi non è più così. La fede ha bisogno di essere cercata e pensata di diventare adulta. C’è bisogno per tutti di quella “nuova evangelizzazione”, di cui ha parlato tante volte Giovanni Paolo II. Il Papa rimasto ora senza parola, proprio lui che ha portato il messaggio di Cristo al mondo intero: specialmente un messaggio di pace, il primo saluto di Cristo agli apostoli nel cenacolo. Disse: “Pace a voi!”. Carlo Caviglione