Durante la pandemia “è possibile proteggere la salute pubblica e proteggere i rifugiati. Il salvataggio in mare resta un imperativo umanitario. Non dobbiamo permettere che la paura e l’intolleranza minaccino il rispetto dei diritti”: lo ha ribadito oggi Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, in collegamento durante la presentazione via web del Rapporto 2020 del Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati. “Sono trascorsi 40 anni dalla tragedia dei boat people in Vietnam che spinse padre Pedro Arrupe a fondare il Jesuis refugee service – ha ricordato Grandi -. Da allora la condizione dei rifugiati è diventata sempre più incerta. Oggi ci sono 70 milioni di persone in fuga, una cifra che aumenta anno dopo anno, con milioni di apolidi. La comunità internazionale stenta a trovare soluzioni a crisi e conflitti che costringono le persone ad abbandonare tutto”. La pandemia di coronavirus, ha osservato, “ha reso il quadro internazionale ancora più drammatico, con il 90% dei rifugiati che vivono in Paesi con strutture sanitarie fragilissime”. “L’impatto sarebbe catastrofico – ha sottolineato – e il rischio è molto reale. Gli effetti sociali ed economici sono già tangibili tra chi vive alla giornata”. L’Unhcr si sta battendo “per includere i rifugiati nei programmi di prevenzione” e chiede “che le misure per proteggere la salute dei cittadini che limitano l’accesso dei richiedenti asilo a Paesi sicuri siano ragionevoli e provvisorie. È imperativo non voltare le spalle a chi fugge in cerca di salvezza”.